Ritorna la rubrica dedicata ai prodotti tipici di tutto il pianeta che, in occasione dell’ultima tappa, si trovava in Cile: qui, da secoli, si produce e si consuma la ‘chica de jora’, ovvero una bevanda a base di mais densa, torbida e acidula che si contraddistingue anche per una bassa gradazione alcolica (3%).
Il viaggio, in occasione di questo nuovo appuntamento, cambia continente e approda in Cina, il Paese asiatico che per popolazione (1,5 mld di abitanti circa) ed estensione territoriale (è il quarto Stato al mondo in tal senso) presenta un’infinità di bevande tipiche a seconda delle diverse regioni.
Basti pensare, ad esempio, che ci si trova di fronte ad una delle culture più antiche per quanto riguarda la storia della birra: qui infatti sono stati ritrovati i resti più antichi (risalenti a 9mila anni fa) delle cosiddette ‘proto-birre’, ovvero bevande fermentate a base di riso, miele, uva e biancospino.
In un monastero, inoltre, sono stati rinvenuti dei documenti risalenti all’anno 1000 d.c. nei quali si specificano le quantità di orzo e di grano necessarie per produrre la birra (‘jju’) e si raccomanda il suo utilizzo per celebrare riti religiosi, per accogliere gli ospiti di rilievo e per festeggiare la fine di importanti lavori per la comunità.
Parlando della Cina, come di tutti gli altri Paesi asiatici, però non ci si può non soffermare a parlare del tè, che qui è la bevanda analcolica nazionale per eccellenza: è il simbolo di una vera e propria cultura. Secondo gli storici, in particolare, la famosa cerimonia del tè giapponese ha origini cinesi.
Il tè cinese può essere classificato in cinque macro-categorie: bianco, verde, oolong (realizzato con foglie fatte appassire al sole), nero e postfermentato (in questo caso le infiorescenze della pianta, inizialmente, vengono torrefatte, essiccate e sottoposte ad una semi-fermentazione).
In modo particolare, per la preparazione dell’ultima tipologia, si raccolgono sia le foglie giovani che quelle più mature della pianta: queste vengono ripiegate in cartocci tondeggianti della grandezza di un pugno, chiusi da una strisciolina di bambù e sono esposte al vapore (a bassa temperatura) per un paio d’ore.
Una volta raffreddati, i cartocci vengono premuti in cesti di bambù, coperti con foglie di banana e lasciati fermentare: nei contenitori destinati alla fermentazione i cartocci vengono premuti con dei pesi per eliminare il più possibile l’aria e per eseguire questa operazione, in alcuni casi, il recipiente viene addirittura riempito con dell’acqua.
I principali agenti della fermentazione sono i lactobacilli: il lavoro dei microorganismi può richiedere una notte, qualche giorno, vari mesi o addirittura un anno a seconda dell’età delle foglie e del risultato che si intende ottenere, ovvero una bevanda più o meno densa e aromatica.
Una volta che la preparazione è terminata, il tè viene insaporito con sale, arachidi, cocco e zenzero. Come prevede la tradizione, nelle abitazioni è offerto agli ospiti e può essere consumato da solo o al termine di un pasto, oppure utilizzato in cucina per preparare alcune ricette locali sia dolci che salate.
Il distillato nazionale per eccellenza, invece, è il ‘Baijiu’ che viene realizzato con diversi cereali (in modo particolare riso, grano, orzo o miglio) a seconda della regione in cui si produce, motivo per cui si presenta con diverse sfumature aromatiche e gradazioni alcoliche che variano a seconda della ricetta.
In modo particolare, quello tradizionale della regione orientale di Fujian si ottiene con acqua di sorgente, riso glutinoso coltivato sulle montagne e riso rosso di Gutian fermentati: per il suo colore rosso, viene accostato al vino e presenta un retrogusto erbaceo molto persistente.
La preparazione viene effettuata nei giorni immediatamente precedenti o successivi al solstizio d’inverno: come primo passaggio, il riso viene messo in ammollo in acqua fredda in modo tale che ne assorba il 30% circa e, in seguito, si procede alla cottura a vapore che dura alcune ore.
Una volta raffreddato, il prodotto viene riposto in un contenitore dove è lasciato macerare: il recipiente deve rimanere aperto per favorire la fermentazione; successivamente, si preme la massa ottenuta dalla quale fuoriesce un liquido da filtrare e riporre in vasi sigillati.
La sterilizzazione di questi (che spesso sono realizzati in ceramica) si pratica con un processo simile a quello usato anche nella medicina tradizionale cinese che prevede la combustione di artemisia essiccata: questo processo preserva l’aroma del distillato, rimuovendo, allo stesso tempo, l’eccesso di acqua al suo interno.
Un’altra bevanda tradizionale cinese da menzionare è senza dubbio il Huangjiu, delle cui prime produzioni si hanno notizie risalenti al 2000 a.c.: si tratta di un blend realizzato con riso e miglio che si caratterizza per il colore ambrato ed un sapore dolce;viene usato anche in cucina per la preparazione di piatti tipici che richiedono la cottura al vapore.
Questi sono solo alcuni dei prodotti tradizionali della Cina che, seppur differenziandosi anche notevolmente a seconda delle svariate ricette (come, ad esempio, quelle che prevedono l’utilizzo del succo di cocco), presentano (tè a parte, ovviamente) un comun denominatore: quello di essere a base di cereali, ovvero alcune delle materie prime più importanti dell’agricoltura di questo sconfinato territorio.