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Pub inglesi: il 2024 è un altro anno nero

2024: in Gran Bretagna chiusi 50 pub al mese nei primi sei mesi dell’anno cosa si nasconde dietro la lenta fine di quella che era un’istituzione?

Uno degli argomenti di maggiore attualità sulle riviste specialistiche e negli articoli dei quotidiani che si occupano di birra e di tutto quello che le ruota intorno, è la profonda crisi, che continua ad aggravarsi, nella quale versano i pub inglesi (conosciuti anche come ‘public house’) negli ultimi anni.

Quello delle gravi difficoltà del settore non è un fenomeno nuovo, ma gli ultimi dati dipingono uno scenario da brividi: in un decennio infatti hanno chiuso i battenti oltre 11mila di queste attività (un crollo del 23%) che hanno sempre rivestito un ruolo sociale di grande importanza specie nei piccoli villaggi delle campagne britanniche.

I primi sei mesi del 2024, nello specifico, secondo i dati pubblicati in questi giorni dall’istituto di statistica Altus, hanno visto chiudere i battenti ben 305 pub, ovvero circa 50 al mese. L’analisi, inoltre, ha mostrato che il numero di pub in Inghilterra e Galles è sceso, alla fine di giugno, a 39.096. Gli esperti del settore hanno anche lanciato l’allarme: gli aumenti delle tasse previsti nel 2025, con ogni probabilità, comporteranno un ulteriore accelerazione delle chiusure.

La lenta ma inesorabile  recessione del comparto è iniziata con la crisi economica che ha colpito il Regno Unito nel 2008:  a causa del diminuito potere d’acquisto dei clienti e le spese sempre più alte (ad esempio il significativo aumento delle tasse sulla birra), migliaia di attività si sono ritrovate costrette alla serrata. I primi a subire in maniera irrimediabile le conseguenze di questa situazione sono stati soprattutto i piccoli pub a conduzione familiare ubicati nei centri urbani rurali.

A questo si deve aggiungere il fatto che, da diverso tempo, è in atto una profonda rivoluzione che riguarda la natura delle ‘public house’: queste stanno lentamente perdendo le proprie caratteristiche originali a favore di una modernizzazione che comporta una standardizzazione degli arredamenti, dell’impostazione dei locali e dell’offerta birraria.

Si sta quindi verificando una profonda e inarrestabile trasformazione che ha cause di tipo sia economico che culturale. Il pub, nella società anglosassone, ha ovviamente un valore molto diverso rispetto all’Italia: è un’istituzione millenaria, un elemento fondamentale intorno al quale la società del Regno Unito si è sviluppata nel corso dei secoli.

Il nome stesso, ’public house’, svela il senso della sua forte connotazione sociale, dato che si pone come importante punto d’incontro e di socializzazione, elemento unico e centrale nella vita collettiva degli inglesi, soprattutto per quanto riguarda le piccole comunità che vivono nelle campagne britanniche.

Pub inglesi

I celebri pub-village, agglomerati di poche case che avevano (ed hanno tuttora) la taverna come punto di riferimento, sono tipici di tutto il territorio anglosassone: se in Italia infatti ogni piccolo paese ha la sua immancabile chiesetta, lo stesso discorso può essere fatto per l’Inghilterra con i pub.

Le ‘public house’, nel Regno Unito, sono sempre state un pezzo della tradizione locale, ognuno con la sua anima e i suoi tratti unici, caratteristici ed inconfondibili. Tratti che si stanno lentamente perdendo a favore di una ‘McDonaldizzazione’ dei pub inglesi: con questo termine coniato dai media britannici, s’intende un processo di standardizzazione dell’offerta, un proliferare di locali tutti simili, spesso ridotti a semplici filiali di catene appartenenti alle sempre più potenti PubCo. Di cosa si tratta?

Le PubCo sono delle società birrarie nate negli anni ’80, quando il governo Thatcher decise di tutelare la tradizione brassicola del Paese con delle leggi a salvaguardia dei piccoli produttori: effetto collaterale per nulla previsto fu una serie di accordi stipulati tra i birrai per la nascita di società di pub indipendenti (le PubCo appunto) alle quali questi cedettero l’usufrutto dei propri locali.

Le aziende, formalmente, non producevano birra e, per questo, non risultavano soggette alle suddette leggi. In poco tempo, furono strette varie alleanze tra numerosi produttori, arrivando alla nascita di un vero e proprio oligopolio: nel 1989 infatti le tre maggiori PubCo britanniche possedevano circa 20.000 pub.

La concentrazione dell’offerta nelle mani di pochi attori ha ovviamente avviato il processo di standardizzazione attualmente in atto, ovvero la lenta trasformazione del singolo pub in un moderno locale privo dei caratteristici tavoli in legno (dove viene proposta musica assordante e l’offerta birraria è sempre più qualitativamente modesta), destinando così all’oblio pezzi di tradizione di intere comunità e cambiando per sempre l’entità di tali locali storici.

Un aspetto fondamentale della tradizione brassicola anglosassone è dunque a rischio e chissà per quanto tempo sarà ancora possibile visitare i classici pub inglesi. La sensazione, però, è che la cultura birraria in Inghilterra sia in profonda crisi a causa degli interessi delle multinazionali, della distanza sempre maggiore fra produttori e clienti e delle decisioni manageriali e governative

Le istituzioni infatti, sottolineano i media d’oltremanica, non tengono in considerazione né il passato né le attuali esigenze dei britannici: una società che deve fare sempre più i conti con la contrazione del potere d’acquisto delle persone e con l’aumento dei prezzi d’acquisto dell’antica bevanda.

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