Interpretazioni contrastanti creano difficoltà negli operatori della ristorazione per la corretta aliquota Iva da applicare.
I vari Dpcm che si sono succeduti in materia di contenimento della diffusione del Covid-19 hanno introdotto una serie di misure restrittive su numerose attività, tra cui quelle del settore della ristorazione.
Tra le attività consentite è stata prevista la possibilità di esercitare la somministrazione di alimenti e bevande tramite la consegna sul posto (asporto) o la consegna a domicilio.
Queste particolari forme di somministrazione pongono tuttavia il problema dell’aliquota Iva da applicare.
Le somministrazioni di alimenti e bevande, in generale, sono soggette all’aliquota ridotta del 10% ai sensi del n. 121) della tabella A, parte III, allegata al D.P.R. 633/1972, essendo riconducibile a una prestazione di servizi di cui all’art. 3, c. 2, n. 4) D.P.R. 633/1972.
In questo caso esiste una commistione tra prestazioni di dare e di fare, in cui le seconde prevalgono sulle prime.
Al contrario, le vendite di beni da asporto sono considerate a tutti gli effetti cessioni di beni, in virtù di un prevalente obbligo di dare.
Questa impostazione sarebbe confermata dall’art. 6 del Regolamento UE n. 282/2011 ed è stata ulteriormente approfondita nel principio di diritto 22.02.2019, n. 9, elaborato dall’Agenzia delle Entrate.
Per l’Amministrazione Finanziaria, occorre distinguere la somministrazione dalla cessione, con la conseguenza che, in caso di cessione, si dovrà applicare l’aliquota Iva propria dei beni ceduti.
A modificare lo scenario appena descritto è apparsa la risposta a interrogazione parlamentare 18.11.2020 alla Camera del sottosegretario alla Commissione Finanze.
L’interrogazione è nata dalla condivisibile esigenza di prevedere eccezioni in un contesto d’emergenza come quello che stiamo vivendo per agevolare un settore, quello della ristorazione, che ha patito numerose limitazioni. Il sottosegretario si è fatto portavoce della possibilità di applicare l’aliquota Iva ridotta del 10% anche alle somministrazioni con asporto o consegna a domicilio, tenuto conto delle misure restrittive introdotte.
Almeno fino a quando permane l’emergenza sanitaria, sembrerebbe ipotizzabile una sorta di deroga ai principi generali e quindi la possibilità di estendere l’aliquota Iva del 10% anche alle somministrazioni con asporto o consegna a domicilio.
Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate respinge questa possibilità con l’interpello 14.12.2020, n. 581. Si tratta del quesito di una società che gestisce diversi ristoranti e che, in considerazione dell’emergenza sanitaria, al fine di ridurre i tempi di accesso ai locali dei clienti, ha introdotto l’utilizzo di un’applicazione per effettuare gli ordini e la personalizzazione delle pietanze.
I clienti scelgono inoltre se ritirare il prodotto alla cassa o se usufruire del servizio al tavolo. L’istante ritiene applicabile l’aliquota Iva del 10% alla totalità delle prestazioni, comprese quelle effettuate con l’utilizzo dell’applicazione.
L’Agenzia delle Entrate nega tale possibilità affermando che l’aliquota ridotta può essere applicata soltanto ai casi di consumo dei prodotti sul posto.
La legge di Bilancio 2021 sembra porre fine al dilemma estendendo l’Iva al 10% al c.d. take away e al delivery.
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