Vino come materia di studio scolastico per i ragazzi degli istituti turistici e alberghieri italiani, una proposta lanciata dall’Associazione Donne del vino in occasione degli incontri organizzati in preparazione al G20 agricoltura a Firenze.
Nell’occasione è stato presentato il progetto pilota attraverso il quale le <Donne del vino> avvieranno una sperimentazione che porterà questo insegnamento in alcuni istituti di 3 regioni Emilia Romagna, Piemonte e Sicilia già in questo anno scolastico; per il 2022/23 poi la sperimentazione sarà invece avviata in tutta Italia.
Un progetto che può sembrare curioso, certamente lo sarebbe sembrato fino a qualche anno fa, ma oggi assume un significato e un valore molto diverso dal momento che il vino è diventato un motore importante di sviluppo di un certo tipo di turismo, che nella ripresa post pandemia sta mostrando una vitalità e una crescita significativa.
Attualmente sono poche le scuole alberghiere che hanno corsi dedicati ai vini, mentre negli istituti turistici non ne risultano; il mondo del vino invece cresce in ogni suo aspetto, ed è quindi necessario che riceva più attenzione anche a livello di formazione scolastica, ovviamente per scuole di questi ambiti.
Se la sperimentazione andrà a buon fine e l’insegnamento prenderà piede, il problema che si profila all’orizzonte è quello della formazione dei docenti che potranno poi insegnare la materia nelle aule scolastiche; non è infatti interesse dell’Associazione e delle sue socie rimanere nel campo della formazione al di là dei 2 anni sperimentali, e per questo le Donne del vino fanno appello alle associazioni di sommelier perché si preparino a organizzare corsi di formazioni per docenti.
«Nella logica dei grandi progetti europei come il Farm to Fork e la Next generation, crediamo nel vino come acceleratore di cambiamento sostenibile e accorciatore della distanza fra città e campagna» he dichiarato la presidente Donatella Cinelli Colombini.
Oltre all’importanza strategica turistico-alberghiera di questa formazione scolastica, c’è poi la convinzione che lo studiare la materia a scuola possa educare i giovani ad un consumo più responsabile, e anche questo non sarebbe un obiettivo da disdegnare.