Leggendo le riviste specializzate, seguendo i comunicati stampa delle varie cantine e dei grandi gruppi che le controllano, si deduce di un grande stato di salute del vino italiano in perenne crescita.
A margine però dei toni trionfalistici vi è anche una problematica legata alla produzione perennemente crescente; in sostanza c’è anche chi dice che c’è troppo vino in circolazione.
Secondo dati pubblicati dal “Sole 24 ore” in Italia a marzo 2023 le giacenze il vino sono cresciute del 5,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Significa che l’Italia ha 60 milioni di ettolitri di vino in cantina, in pratica è come se si fosse già vendemmiato.
Il fatto che i numeri del vino italiano siano in perenne crescita non deve trarre in inganno: non è infatti tanto la quantità di vino smerciato che cresce, quanto più il fatturato del suo commercio, per un discorso di miglior marketing e di conseguenza miglior valore che sul mercato viene dato ai prodotti.
Il problema non è solo italiano tant’è vero che sia la Francia che la Spagna hanno chiesto di eliminare dal mercato quote variabili tra il 5 e il 10% della propria produzione vitivinicola ricorrendo alla distillazione che porta alla produzione di alcool puro. Un processo che si era impennato durante la pandemia, quando la richiesta di alcol era elevata.
Ma se da un lato quindi il vino in eccesso potrebbe diventare alcol, un’altra proposta viene dall’Unione Italiana Vini, associazione nata nel 1895 che oggi raccoglie 709 aziende. Paolo Castelletti segretario generale UIV apre di fatto alla realizzazione di una normativa che regolamenti chiaramente la produzione di vini dealcolati, fino ad ora visti decisamente male da tutto il settore, ma che effettivamente potrebbero aprire nuove prospettive di crescita, consentendo di utilizzare il vino in eccesso. Un passo ormai necessario per evitare che l’Italia resti indietro in questo campo in cui altre nazioni e molte multinazionali sono già operative.
“Attivare questa opzione in Italia non impatterebbe sulla produzione tradizionale di vino, anzi aprirebbe uno sbocco di mercato alternativo garantendo una leva di sostenibilità per una filiera che in Italia vale oltre 30 miliardi di euro 900mila addetti e conta 680mila ettari di vigneti che sono una componente fondamentale del tanto decantato paesaggio rurale italiano” ha detto al Sole 24 ore Castelletti.