Le birre alla frutta? Un settore in rapido sviluppo in Italia, ma anche negli stati uniti e nel resto del mondo.
In alcuni articoli qui pubblicati, abbiamo parlato di come questa tipologia brassicola si stia facendo sempre più apprezzare ovunque grazie al lavoro dei mastri birrai di tutto il mondo: anche in Italia, dove è nato un vero e proprio stile (l’unico del nostro Paese ufficialmente riconosciuto), l’‘italian grape ale‘, ovvero la birra a base di uva.
Da due anni, la tipologia ha un suo concorso dedicato: questo consentirà di valorizzare il prodotto made in Italy attraverso le eccellenze di uno stile birrario in grado di raccontare il territorio attingendo ad un patrimonio unico per la qualità dei propri vitigni.
Queste birre contengono una percentuale di mosto o mosto cotto e si collocano nella terra di mezzo fra il mondo del malto e del luppolo e quello del vino e che proprio in Italia hanno trovato una rapida diffusione grazie all’antica vocazione nostrana per il vino ed alla grande vivacità del settore birrario specie in questi ultimi anni.
Trattandosi di un settore nuovo e in continua evoluzione, le interpretazioni dei birrifici sono molto diverse fra loro: dalle birre che puntano sulla freschezza e sull’ acidità, ottime come aperitivo, si arriva a prodotti più complessi e strutturati, da pasto o da meditazione.
In alcuni articoli della rubrica ‘Giro del mondo in birra’, inoltre, abbiamo raccontato di come in America latina e meridionale e nelle isole dei Caraibi sia consuetudine aromatizzare le birre con la frutta: questo per renderle particolarmente fresche e dissetanti e dunque adatte al clima di quei territori.
Senza dubbio quindi la diffusione dell’impiego della frutta nell’antica bevanda, che non è una novità in assoluto dato che veniva già utilizzata in alcune varianti delle lambic belghe e delle weiss tedesche, sta vivendo un importante sviluppo: il suo utilizzo infatti consente, sperimentando soluzioni innovative, di ottenere nuovi aromi e sapori.
Uno dei Paesi in cui il settore sta crescendo con maggiore rapidità sono gli Stati Uniti, dove i birrai, celebri in tutto il mondo per la loro creatività ed il loro spirito pionieristico, stanno spingendo al limite l’uso della frutta al fine di sviluppare ulteriori tipologie inedite.
A questo aspetto si unisce il fatto che, oltreoceano, le vendite, nel 2022, sono cresciute dell’8% intercettando i gusti dei giovani consumatori alla ricerca sia di tipologie leggermente fruttate, acidule e rinfrescanti, con un amaro contenuto e morbide al palato, sia di birre complesse, strutturate e intensamente fruttate.
Senza dubbio, inserire la frutta nel processo produttivo è una sfida non irrilevante: l’impiego di quella fresca, infatti, può comportare il rischio d’infezioni a causa dei lieviti selvaggi presenti sulle bucce. Per questo motivo, alcuni birrifici decidono di bollire la frutta per ridurre questa eventualità, ma tale soluzione tende anche a rovinare gli aromi più delicati.
Brassare utilizzando questa metodologia, inoltre, è molto costoso e la disponibilità di alcuni frutti non è sempre assicurata: anche la resa e la qualità del prodotto finale possono variare molto poiché la frutta contiene grandi concentrazioni d’acqua e quindi vi è il rischio di diluire la birra.
Le puree sono più facili da gestire, purché contengano solo frutta e siano state confezionate in ambienti sterilizzati: queste infatti sono pastorizzate, una soluzione che elimina il rischio d’infezione senza compromettere l’integrità degli aromi e non prevedono l’aggiunta di aromatizzanti artificiali, conservanti o coloranti.
Anche gli estratti possono essere utili alla causa e molti sono ottenuti in modo naturale: questo consente di amplificare la resa aromatica della frutta nella fase post fermentativa. Altre soluzioni a disposizione dei birrai sono la frutta congelata, disidrata, in polvere, concentrata o liofilizzata.
La frutta può essere aggiunta in quasi tutti gli stili birrari e può funzionare con differenti gradazioni alcoliche conferendo un buon livello di dolcezza: nella maggior parte dei casi è presente nelle wheat beer poco luppolate, nelle blonde ale, nelle berliner weisse, nelle birre acide, nelle birre affinate in legno e persino nelle pastry stout. Il momento e il modo in cui la frutta viene aggiunta durante il processo produttivo ha un impatto di grande importanza sul risultato finale.
Impiegarla all’inizio della fermentazione, ad esempio, permette al lievito di convertire gli zuccheri in alcol e di trasformare gli aromi; aggiungerla invece a fine trasformazione consente di evitare che gli zuccheri vengano metabolizzati dal lievito, il che rende il prodotto finale più dolce e delicatamente fruttato.
Questa metodologia di brassaggio, infine, offre un orizzonte pieno di creatività: per tale motivo, grazie all’evoluzione dei gusti dei consumatori e alle continue innovazioni proposte dai birrai, possiamo aspettarci una sperimentazione ancora maggiore di questa particolare declinazione dell’antica bevanda.