Fra i cocktail riportati in auge dal boom del gin negli ultimi vent’anni, il White Lady è un sour elegante e fresco, anche se ha una gradazione alcolica importante (fino a 27 vol.).
Le sue origini, per quanto dibattute, risalgono agli Anni ’20 del secolo scorso e in qualche modo alla sua notorietà ha contribuito il mitico bartender Harry MacElhone.
Sembra che quest’ultimo preparasse un drink chiamato White Lady (clicca qui per sapere perché fu chiamato così) già nel 1919, quando lavorava al prestigioso Ciro’s Club di Londra, ma la ricetta – pubblicata nel 1922 nel suo “Harry’s ABC of mixing cocktails” – era molto diversa da quella del White Lady che conosciamo oggi, dal momento che prevedeva parti uguali di brandy, creme de menthe e Cointreau.
Secondo una leggenda, alimentata dalle riedizioni del libro curate dai suoi eredi nei decenni successivi, lo stesso MacElhone avrebbe creato l’attuale versione del White Lady nel 1929 nel suo Harry’s New York Bar a Parigi. Al Savoy Hotel di Londra sostengono invece che la ricetta moderna vada attribuita a un altro grande Harry della mixology, Harry Craddock, che l’avrebbe messa a punto nell’american bar del lussuoso albergo nel 1927. Altre leggende sulla nascita del cocktail portano di nuovo in Francia o negli Stati Uniti. In realtà, secondo Difford’s, è probabile che il vero creatore della ricetta giunta fino a noi – e codificata da Iba sin dalla prima lista del 1961 – sia stato Victor Cabrin, sul finire degli Anni ’20, al Grosvenor House Hotel di Londra.
Al di là della storia, ciò che più ci interessa, oggi, è preparare un White Lady come si deve. Ecco perché abbiamo chiesto di mostrarcene la realizzazione in video a Riccardo Cammi, bartender del Milord di Milano. Che tra l’altro ha utilizzato il gin salentino J.Rose, caratterizzato dalle intriganti etichette disegnate da Milo Manara.
La ricetta del White Lady
Tecnica:
Shake and Strain
Bicchiere:
Coppetta
Ingredienti:
40 ml gin
30 ml triple sec
20 ml succo di limone fresco
Leggi anche: