Oggi ciascuna birra ha un proprio bicchiere che ne esalta gli aromi: ma nell’antichità come venivano fatti i contenitori per la bevanda?
In alcuni articoli pubblicati su questa rivista, ci siamo soffermati a parlare di un aspetto rilevante che riguarda il mondo della birra: quello della scelta del bicchiere in cui servirla. Un passaggio importante, che permette di esaltare al meglio le caratteristiche sensoriali di ciascun singolo prodotto brassicolo, regalandosi così un’esperienza sensoriale unica.
Un componente, questo, la cui centralità è cosa nota agli appassionati della bevanda, mentre per altri potrebbe essere un aspetto marginale: ma non è così, anzi è un elemento centrale, indispensabile per esaltare le qualità di quello che si degusta, soprattutto se si considera il sempre più ampio ventaglio aromatico offerto dall’arte birraria artigianale.
Il bicchiere di vetro, qualunque sia la sua forma, oggi costituisce senza dubbio il materiale con il quale, nella stragrande maggioranza dei casi, sono realizzati i contenitori nei quali viene servita la bevanda: ma nell’antichità non era affatto così, basti pensare che l’utilizzo su ampia scala di questo elemento risale solo a circa 170 anni fa. Che cosa si utilizzava allora in precedenza?
Migliaia di anni prima dell’anno zero, in particolare presso le civiltà Sumero-Babilonese ed Egizia, la birra veniva consumata direttamente da un contenitore piuttosto capiente in terracotta, una specie di anfora, dalla quale si ‘succhiava’ utilizzando delle gigantesche cannucce ricavate dai giunchi.
Nella società dell’antico Egitto, in particolare, solo i ceti più abbienti si permettevano di consumare la birra con delle cannucce ‘personali’, forgiate in metallo e, per un élite ancora più ristretta, anche finemente adornate con pietre preziose: un vero status symbol per l’epoca.
Successivamente, per bere birra, s’iniziarono ad adoperare contenitori di varia natura, realizzati con materiali quali pelli, piccole otri di legno o peltro. Presso alcune popolazioni nordiche, inoltre, venivano largamente impiegate le corna degli animali, soprattutto dei bovini.
I Fenici, intorno al 1800 a.c., scoprirono le prime tecniche per la produzione del vetro, ma per secoli questo rimarrà un materiale associato alla sua fragilità e riservato ai ceti più abbienti per il costo elevato: nella maggior parte dei casi, i primi contenitori vitrei si caratterizzavano per la forma assai arrotondata e l’assenza di un piede o di un gambo.
Per alcuni secoli quindi la situazione è rimasta sostanzialmente questa e si è continuato ad utilizzare materiali di varia natura: vicino alle coste di Francia e Germania, ad esempio, sono stati rinvenuti dei contenitori destinati alla birra realizzati anche con delle conchiglie.
Il vero e proprio cambiamento si sarebbe iniziato a vedere con l’inizio del Medioevo e la contemporanea comparsa dei primi boccali, dapprima in legno e poi in stagno, appositamente ideati per l’antica bevanda: questi si caratterizzavano per il coperchietto che chiudeva la parte superiore, proteggendo la bevanda dagli agenti esterni e mantenendo il contenuto fresco per diverso tempo.
Il vetro invece, almeno presso le classi nobili, avrebbe riiniziato a tornare in auge durante il tardo Rinascimento (1520-1600) dato che la sua lavorazione si perfezionò in quei decenni grazie all’invenzione del vetro ‘cristallino’ (nel quale il piombo sostituiva il calcio aumentandone la resistenza), ideato dai rinomati vetrai boemi e veneziani.
Successivamente, nel 1676, in Inghilterra nasceva il ‘cristallo al piombo’: questo nuovo tipo d’impasto, essendo più duro e resistente del cristallo di Boemia e del vetro veneziano, si prestava molto di più a incisioni, intagli e molatura; per questo motivo, in breve tempo, si sviluppava e si affermava in tutta Europa. Tali nuovi bicchieri brevettati oltremanica, inoltre, consentivano di apprezzare maggiormente il colore e la limpidezza della bevanda.
Questa evoluzione però, fino alla fine del 1700, sarebbe rimasta quasi esclusivo appannaggio delle classi nobili ed elitarie: il popolo infatti, per bere birra, continuava ad utilizzare contenitori realizzati con qualsiasi materiale, dalle ossa di bovino alla pelle, dalla terracotta al legno ed al ferro.
Il definitivo cambiamento, ovvero la diffusione dei bicchieri di vetro per degustare la bevanda presso tutta la popolazione, sarebbe arrivato agli inizi dell’Ottocento, con l’avvento dell’industrializzazione in tutta Europa: questo passaggio infatti avrebbe fatto crollare i prezzi di produzione del materiale.
A trarre grande vantaggio dalla rivoluzione industriale fu, fra gli altri, il celebre stile brassicolo boemo Pils, inventato nella città di Plzen nel 1842: la limpidezza ed il colore dorato di questo innovativo prodotto venivano esaltati dalla trasparenza del bicchiere di vetro e, anche tale aspetto, avrebbe contribuito allo sconfinato successo di quella che ancora oggi è una delle icone birrarie d’Europa.
I primi bicchieri di vetro per birra dell’era moderna erano tutti simili agli antichi boccali in legno (come i rinomati ‘Mug’ bavaresi), ma ben presto i produttori abbandonarono i manici e s’indirizzarono verso forme più funzionali, in grado di esaltare le qualità di ogni singola bevanda brassata, come, ad esempio, il celebre ‘Pinta’, ideato oltremanica e ideale per le birre del Regno Unito.
Oggi infatti, come detto in apertura d’articolo, soprattutto gli intenditori dell’antica bevanda, sanno che ad ognuno dei numerosissimi e diversissimi stili birrari, corrisponde un bicchiere appropriato, in grado di esaltare le caratteristiche olfattive, aromatiche e gustative di ogni singolo prodotto dell’arte brassicola.