Siamo stati al Gramm Cafè, cocktail bar di Niccolò Mazzucchelli sui Navigli a Milano, per provare il Jensen’s Dry Gin.
Non una novità assoluta, visto che Bermondsey, la piccola distilleria londinese che lo produce (e che prende il nome dal quartiere in cui ha sede, a pochi passi dal Tower Bridge), è attiva dal 2004.
Tuttavia, la lunga pausa imposta agli operatori dell’Horeca a causa della pandemia ha indotto Mark McCullum, che da cinque mesi ha assunto la carica di Ceo di Bermondsey, a dare vita a una campagna di promozione per rilanciare il brand non solo nel Regno Unito ma anche sui mercati d’esportazione. A partire dall’Europa.
I gin Jensen’s, in realtà, sono due: accanto al classico London dry c’è infatti Old Tom, nel quale il sapore dolce non è dato dall’aggiunta di zucchero ma dalla radice di liquirizia: è prodotto sulla base di un’antica ricetta pubblicata negli anni ’40 dell’Ottocento su un manuale di distillazione e recuperata da Christian Jensen, fondatore di Bermondsey.
Al Gramm, Jensen’s è stato protagonista di una masterclass nel pomeriggio di lunedì 3 aprile, seguita da una serata speciale incentrata sui cocktail Martini e Martinez preparati con questo tradizionale gin inglese (video: guarda come preparare il Martini Cocktail con Niccolò Mazzucchelli). Ne abbiamo approfittato per intervistare McCullum sulle strategie per il rilancio di Jensen’s, in particolare nel nostro Paese, dove l’azienda può contare sul supporto – in qualità di brand developer – di Federica Bucci, già nello staff de IlGin.it di Marco Bertoncini, nonché sulla distribuzione da parte di 1492 Coloniale Group.
“Faremo attività sul territorio”
Dopo i tre anni del Covid che vi hanno penalizzato particolarmente, dal momento che Jensen’s è distribuito soprattutto nel canale Horeca, quali sono le iniziative sulle quali puntate per il rilancio dei vostri gin?
Vogliamo implementare le attività sul territorio per consolidare la conoscenza del nostro marchio. Concentrandoci in maniera particolare sull’Europa, almeno in questa fase. Tra i nostri mercati di esportazione ci sono anche gli Stati Uniti, ma lì le cose sono più complicate: per 52 Stati ci sono 52 normative diverse in fatto di alcolici…
Restiamo in Europa, allora: quali sono i vostri Paesi di riferimento?
Al di là del Regno Unito, ci rivolgiamo in particolare a Italia, Francia e Spagna. Sono questi i mercati in cui stiamo realizzando le nostre attività di promozione all’interno dei cocktail bar.
Obiettivi?
Per ora vogliamo aumentare la visibilità del brand. Lo step successivo, nel prossimo futuro, sarà quello di distinguerci dai competitor puntando su eventi con caratteristiche peculiari, basati in particolare sulla riscoperta di ricette ormai quasi dimenticate che fanno parte della storia della miscelazione classica.
Leggi anche: