La scorsa settimana il viaggio alla scoperta delle birre ha fatto tappa nell’arcipelago caraibico di Saint Kitts & Nevis. Il tour oggi si trasferisce dal mar dei Caraibi all’oceano Pacifico per approdare in un altro Stato insulare come quello samoano.
L’Oceania per quanto riguarda l’offerta brassicola, presenta delle grandi differenze fra le varie Nazioni: questo è dovuto alle macroscopiche disparità in fatto di dimensioni territoriali e popolazione.
Basti pensare all’Australia, sesto Paese del mondo per estensione, dove infatti vengono prodotte diverse tipologie di birra e dove vi sono più di 700 attività operative nel settore: l’esatto contrario, ovviamente, di quanto avviene nella piccola Samoa con i suoi circa 200mila abitanti.
Questo è dovuto anche al fatto che, fino all’arrivo dei colonizzatori tedeschi ed americani insediatisi qui fra la seconda metà dell’800 ed i primi decenni del ‘900, nell’arcipelago in pratica non esistevano bevande alcoliche. Vi era solo un distillato che si ricavava da un’erba di nome kava, tipica di quelle isole, che, per proprietà organolettiche, ricorda la valeriana: veniva bevuto solo in occasione d’importanti cerimonie religiose.
Furono in modo particolare i soldati teutonici (questa è stata infatti una colonia dell’Impero tedesco dalla fine dell’ottocento all’inizio della prima guerra mondiale nel 1915) ad insegnare ai samoani l’arte brassicola e quella della distillazione: nonostante questo, in quelle terre, le bevande alcoliche non sono mai state particolarmente apprezzate.
Lo dimostrano i dati relativi ai consumi interni di alcolici: prendendo in esame le statistiche relative alla birra, si nota come, ad esempio, nel 2019, il consumo pro capite annuo sia stato di 3 litri: numero che include i consumi dei turisti, i quali incidono per il 70%.
Dal 2014, inoltre, questo dato ha fatto registrare un calo annuo costante dello 0,9% che ha portato il Paese oltre il centesimo posto nella graduatoria mondiale degli Stati dove si beve più birra. Proprio per questo motivo, lo scorso anno, uno dei due birrifici qui presenti aveva deciso di chiudere i battenti.
Si tratta del Samoa Breweries, di proprietà della società figiana Paradise beverage, che, dopo le proteste della popolazione locale preoccupata per il rischio di perdere dei posti di lavoro, ha ceduto la licenza ad un imprenditore locale: in questo modo non si è interrotta la produzione delle birre Vailima.
Il marchio, nato nel 1978, presenta tre referenze brassicole: fra queste troviamo l’omonima lager con una gradazione alcolica del 4,9%;si presenta di un intenso color giallo dorato, mentre l’aroma mette in risalto le note dei cereali e dei frutti tropicali con cui viene realizzata.
Se questo è il birrificio samoano ‘storico’, quello che invece, con il 70% delle quote del mercato interno, domina il panorama brassicolo locale è il Taula fondato nel 2012: in dieci anni infatti, come riportano le fonti, grazie alla qualità delle birre proposte ha superato il Vailima nelle preferenze dei samoani.
Fondato da Taimalie Charlie Westerlund discendente dei coloni tedeschi arrivati qui nell’800 che, per confermare il legame con la propria terra d’origine, ha deciso di produrre birre che rispettino il Reinheitsgebot, ovvero il celebre editto della purezza emanato a Monaco di Baviera nel 1487.
Come spiegato dallo stesso imprenditore in una recente intervista rilasciata ad un quotidiano locale: “Proprio il fatto di utilizzare esclusivamente orzo, luppolo e acqua come prevede l’antica legge potrebbe essere alla base del successo: una modalità produttiva che stiamo pensando di esportare anche in altre aree dell’Oceania come, ad esempio, le isole Fiji’.
Il prodotto di punta della casa, realizzato da un mastro birrario anch’egli di origine tedesca formatosi presso il celebre birrificio Weihenstephan, è una lager con una gradazione alcolica del 4,9% che si presenta di color giallo paglierino con una sottile schiuma ed un aroma che mette in risalto le note dei luppoli, selezionati in Australia e Nuova Zelanda, con cui viene realizzata.
Vailima e Taula possono quindi essere definiti dei pionieri della cultura e dell’arte brassicola a Samoa, un Paese che conta poco più di 200mila abitanti: per questo motivo, e soprattutto per le scarse risorse economiche della maggior parte della popolazione, non è possibile stabilire se, nei prossimi anni, nel piccolo arcipelago sorgeranno altri veri e propri birrifici dando modo al settore birrario locale di svilupparsi.