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Giro del mondo in birra: Tanzania

Nuovo appuntamento con il viaggio alla scoperta delle birre prodotte in tutto il mondo che la scorsa settimana ha fatto visita al Tagikistan, il Paese dell’Asia centrale nel quale il settore birrario è assai poco sviluppato. Scenario che cambia completamente questa settimana, dato che il tour in Tanzania.

Tanzania, un Paese con un palcoscenico birrario assai variegato ed interessante: qui infatti troviamo produzioni di tipo industriale, artigianale e una bevanda tradizionale antenata delle moderne birre.

Come abbiamo già avuto modo di sottolineare, questo continente riveste un ruolo sempre più importante per quanto riguarda i prodotti brassati: nell’ultimo decennio i consumi sono cresciuti del 4% ed inoltre, secondo le stime, entro il 2025, qui si svilupperà il 30% del mercato mondiale.

La Tanzania che occupa il sesto posto nella classifica continentale dei consumi con un tasso di crescita dell’1% su base annua: in questo specifico caso, in gran parte, è merito dei turisti che approdano qui da tutto il mondo attratti dalle bellezze dei parchi naturalistici, dal vulcano Kilimangiaro con i suoi tre coni, dal lago Vittoria (lo specchio d’acqua tropicale più grande del mondo) e dalle bianche spiagge di Zanzibar.

Non a caso infatti il primo birrificio artigianale tanzaniano, così come quello più premiato a livello internazionale, sono ubicati in due città che fungono da punto di partenza per i viaggi verso queste mete turistiche: si tratta del Twiga Brewery e del Crafty Dee’s brewing.

Twiga Brewery birrificio Tanzania

Il primo, chiamato così per rendere omaggio all’animale nazionale ovvero la giraffa (nella lingua locale, lo swahili, ‘twiga’ significa per l’appunto ‘giraffa’), è stato fondato nel 2015 nei pressi della citta di Arusha che rappresenta il principale punto di approdo per le escursioni verso il Kilimangiaro ed i grandi parchi nazionali.

Come si legge sul sito del birrificio, le birre che produce vengono realizzate nel solco del celebre editto sulla purezza della birra, il Reinheitsgebot emanato in Baviera nel 1516, facendo però anche ricorso alle materie prime locali: nasce così la più celebre referenza della casa, ovvero l’omonima golden ale. Si tratta di una bevanda leggermente ambrata con un’abbondante schiuma che mette in risalto note di frutti tropicali.

Il Crafty Dee’s brewing, invece, è situato nei pressi della città di Dar es Saalam dove transitano i turisti diretti verso l’arcipelago di Zanzibar. Fondato nel 2016, in pochi anni, si è costruito un’ottima reputazione nel panorama brassicolo continentale: lo dimostrano le sei medaglie portate a casa in occasione del ‘Craft Brewers Powwow’ e della ‘African Beer Cup’, ovvero due dei contest di settore più importanti di tutta l’Africa.

Fra le referenze della casa troviamo un’Ipa con una gradazione alcolica del 6%: si tratta di una bevanda di color dorato chiaro con una schiuma densa e persistente che mette in risalto note luppolate, di frutti tropicali come la papaya e di germogli di pino.

Come detto in precedenza, in Tanzania, dato lo sviluppo del settore, sono presenti quasi tutti i grandi produttori del mondo: dal francese Castle al belga AbInBev passando per l’olandese Heineken ed il britannico Diageo. Noi però vogliamo puntare l’attenzione su quella che è la bevanda brassata tradizionale.

Si tratta della ‘mbege’, detta anche birra di banane, che si prepara con farina di miglio indiano germogliato e una speciale varietà del frutto detta ‘ndizi ngombe’ che cresce in questo territorio: la preparazione comporta un procedimento lungo e difficoltoso.

Per prima cosa, le banane vengono raccolte e conservate sopra a dei camini o appese al soffitto delle capanne tradizionali, chiamate ‘Chagga’, dove la temperatura è sufficientemente elevata: questo passaggio consente di accelerare il processo di maturazione. Quando il frutto è maturo (di solito occorrono 5-7 giorni), la buccia viene rimossa e la polpa bollita in acqua fino a quando non assume una colorazione marrone – rossastra.

Le banane mature sbucciate vengono cotte fino ad ammorbidirsi e lasciate raffreddare per 2-3 giorni: a quel punto la purea viene allungata con altra acqua e filtrata attraverso uno strato di erba della savana e felci sovrapposte che vengono adagiate su una vasca inclinata.

Il liquido filtrato è lasciato riposare per alcune ore prima di essere mescolato con farina di miglio maltato: la miscela, infine, viene fermentata per 1-2 giorni fino a quando non si ottiene una bevanda dal tenore alcolico relativamente elevato destinata sia al consumo domestico che alla vendita.

‘Mbege’ che ancora oggi svolge un ruolo molto importante nella vita sociale soprattutto delle tribù che popolano le aree intorno al Kilimangiaro, ma viene prodotta e consumata in tutto il Paese: proprio alla grande diffusione di questa bevanda tradizionale si deve la nascita e lo sviluppo delle moderne produzioni brassicole artigianali tanzaniane.

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Nicola Prati
Nicola Prati
Classe 1981. Subito dopo la maturità classica, inizia a collaborare con la ‘Gazzetta di Parma’ (2000): una collaborazione giornalistica che durerà otto anni. Contemporaneamente, dal 2005 al 2008, fa parte dell’ufficio stampa del Gran Rugby Parma. Successivamente, fra le altre esperienze lavorative, quella nell’ufficio comunicazione interna di Cariparma Credit Agricole e nella direzione relazioni esterne del gruppo Barilla. Le sue due più grandi passioni sono tutti gli sport e la musica. A queste, si aggiungono la lettura, i viaggi e la cucina. Collabora con ApeTime da gennaio 2021.

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