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Giro del mondo in birra: Turchia seconda parte

In occasione dell’ultima tappa del viaggio alla scoperta delle birre di tutto il mondo, abbiamo raccontato la storia della ‘Boza’, la bevanda tradizionale della Turchia a base di grano e di miglio che, secondo gli storici, è nata in Anatolia per poi diventare un’ antenata dei prodotti brassicoli assai diffusa in una macro area che parte dai Balcani e arriva in Asia centrale.

Il territorio turco inoltre, data la sua collocazione geografica strategica, costituisce da sempre un punto di approdo e di passaggio per i viaggi fra l’Europa e l’Asia: per questo motivo, specialmente a partire dall’800, qui si sono radicate anche diverse culture birrarie europee e non solo.

Questo incontro fra diverse scuole di pensiero, negli ultimi anni, ha dato vita ad un panorama brassicolo assai variegato grazie al lavoro di un numero in costante crescita di piccoli birrifici artigianali che propongono rivisitazioni di stili iconici di tutto il mondo utilizzando anche le numerose materie prime offerte dal territorio.

La Turchia infatti, grazie a condizioni climatiche favorevoli per l’agricoltura, dispone di uno dei territori più fertili al mondo, dove vengono praticate molteplici tipologie di colture che riguardano da vicino il pianeta della birra: si passa dai cereali prodotti nell’altopiano anatolico alle coltivazioni di agrumi tipiche delle aree affacciate sul mar Egeo.

Il palcoscenico birrario turco nonostante la quasi totalità della popolazione sia di fede musulmana (contando i non praticanti, secondo le stime, si arriva al 98%), che come noto vieta il consumo di bevande alcoliche, nell’ultimo decennio ha visto una crescita costante del mercato nazionale di settore.

Il ‘World beer index’ infatti riporta che i consumi interni di birra, nonostante anche la concorrenza di altre bevande alcoliche tradizionali come il distillato raki ed il vino, nel 2022 si sono attestati a 73 litri pro capite annui: un dato che, come riportano gli analisti, è destinato a crescere annualmente del 9,5% nei prossimi cinque anni.

Uno sviluppo costante quello del moderno settore birrario locale che è iniziato alla fine dell’’800 quando i fratelli svizzeri Bomonti, emigrati ad Istanbul,  fondarono il primo birrificio con annesso punto di ristoro e ampio giardino (riproposizione dei ‘biergarten’, ovvero i ‘giardini della birra’ tedeschi) che, ben presto, divenne uno dei luoghi più celebri della città turca.

Gara bomonti

Un aspetto curioso riguardante questo birrificio è il fatto che, con ogni probabilità,  si tratta dell’unico caso al mondo nel quale un quartiere ha preso il nome della fabbrica di birra che vi operava e non il contrario: ancora oggi infatti con il nome Bomonti si indica il quartiere europeo di Şişli della città divisa in due dallo stretto del Bosforo.

L’azienda che dagli inizi del ‘900 divenne fornitore ufficiale dell’allora regnante corte imperiale ottomana, è rimasta operativa fino al 1991 quando la storica area produttiva è stata dismessa ed, a scopi turistici, ne sono state conservate solo alcune aree.

Il 2016 ha invece sancito la rinascita di questo storico marchio (la fabbrica attuale è ubicata in un’area poco distante da quella precedente) ad opera di un imprenditore tedesco e produce dodici diverse referenze birrarie: fra queste troviamo la Bomonti flitresiz ipa con una gradazione alcolica del 4,8%. La bevanda si presenta di color giallo pallido con un’abbondante schiuma, mentre l’aroma mette in risalto note di agrumi, anice e pino.

Bomonti che quindi è a tutti gli effetti antenato e capostipite della ‘craft beer revolution’ turca che ha mosso i suoi primi passi a partire dal 2011, anno nel quale è nato il secondo micro birrificio locale: si tratta del ‘Gara guzu’ (nel dialetto locale ‘pecora nera’) situato nella città di Muğla sulle sponde del mar Egeo.

birra Gara guzu

La casa attualmente propone un’ampia gamma di stili brassicoli che spaziano dalle lager d’ispirazione tedesca alle stout e porter anglosassoni. Il portfolio offre inoltre birre del tutto originali come quelle aromatizzate alla barbabietola: tutte realizzate, come ovviamente da prassi per le produzioni artigianali, senza l’uso di additivi chimici quali conservanti e coloranti.

Il Gara guzu che, come certifica il portale ‘Rate beer’, offre quella che è la birra più apprezzata dai consumatori locali: si tratta dell’omonima porter con una gradazione alcolica del 6%. La bevanda si presenta di colore marrone scuro con una schiuma cremosa: l’aroma invece mette in risalto note di malto tostato, caramello, cioccolato e frutta secca.

Produzione artigianale della Turchia che, caso più unico che raro, per il suo sviluppo può avvalersi del sostegno di uno dei più grandi produttori del settore a livello planetario, anch’esso turco: si tratta dell’Anadolu Efes che, per volumi prodotti, è sesto in Europa e undicesimo nel mondo.

Il gruppo infatti agevola il lavoro dei birrifici artigianali sia dal punto di vista economico finanziando la filiera locale della produzione delle materie prime sia organizzando una serie di manifestazioni e concorsi nei quali i birrai turchi possono far conoscere le loro birre.

Il sostegno offerto dall’Anadolu Efes, senza dubbio, è una delle ragioni che ha portato al rapido sviluppo del comparto birrario turco che però si avvale anche di un bagaglio storico-culturale amplissimo che parte dalla birra tradizionale, ovvero la ‘Boza’ della quale abbiamo parlato nella prima parte del viaggio dedicata alla Turchia.

La bevanda, infatti, fa da sfondo a quell’incontro fra diverse scuole brassicole di tutto il mondo che è avvenuto e tutt’oggi si ripropone qui grazie alla collocazione geografica del Paese fra Europa e Asia: questo il motivo per il quale il palcoscenico birrario turco è sempre più variegato e offre prodotti che rimandano a diversi Paesi, anche all’Italia.

Tale è il caso della Knidos brewery e della sua ipa che, curiosamente, è stata battezzata con un italianissimo ‘Tutti brutti’: un esempio, a suo modo bizzarro, di quel mix di culture che permea il palcoscenico turco dell’antica bevanda che, per questo, non può che essere molto interessante e variegato.

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Nicola Prati
Nicola Prati
Classe 1981. Subito dopo la maturità classica, inizia a collaborare con la ‘Gazzetta di Parma’ (2000): una collaborazione giornalistica che durerà otto anni. Contemporaneamente, dal 2005 al 2008, fa parte dell’ufficio stampa del Gran Rugby Parma. Successivamente, fra le altre esperienze lavorative, quella nell’ufficio comunicazione interna di Cariparma Credit Agricole e nella direzione relazioni esterne del gruppo Barilla. Le sue due più grandi passioni sono tutti gli sport e la musica. A queste, si aggiungono la lettura, i viaggi e la cucina. Collabora con ApeTime da gennaio 2021.

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