Il concetto di “bere bene” non deve essere vissuto come una “moda”, ma come un “modo” di operare la propria professione.
Intervista a Marcella May, barlady e neo socia di ABS Professional.
Benvenuta in ApeTime! Come e quando comincia la sua carriera professionale?
Bentrovati e soprattutto grazie per l’invito. Ero giovanissima quando, quasi per caso, mi sono ritrovata dietro un bancone, in una di quelle esperienze lavorative che comunemente un adolescente accenta come un “lavoretto estivo” e invece è stato amore a prima vista, un amore che ancor oggi mi fa battere il cuore.
Lei è una barlady professionista, qual è stato il suo percorso che l’ha portato fino a dove è adesso?
L’arte del bartending non si può improvvisare, per poter diventare un professionista, la formazione è essenziale, sono necessari requisiti come la conoscenza dei prodotti, della loro lavorazione e le infinite tecniche di preparazione, in poche parole serve tanto studio, determinazione, curiosità e soprattutto entusiasmo.
In un mondo di barman, come si fa a imporsi come barlady?
Sinceramente penso che la professionalità e soprattutto il talento non abbiano bisogno di imporsi, semplicemente si svelano. Dietro un bancone ci sono persone più o meno capaci, non uomini o donne.
Abbiamo saputo che da poco fa parte dell’A.B.S. Professional (Associazione Bartending Sicilia) come mai si è avvicinata solamente adesso a questa bella e riconosciuta famiglia?
Come detto sono una persona curiosa e in continua ricerca evolutiva, per scegliere l’abito giusto bisogna provarne diversi e A. B. S. Professional è un abito meraviglioso cucito su misura.
Quali sono i suoi punti di forza come barlady, e quali sono i suoi modelli di Barman di riferimento?
La continua ricerca, la determinazione, l’ambizione, senza mai dimenticare l’arma segreta, il sorriso e l’empatia con il cliente, perchè ogni incontro è una sorta di viaggio gustativo e il senso di accoglienza è la vera guida ad un itinerario sensoriale che deve stimolare sempre e comunque chi assaggia un cocktail.
Non a caso il mio riferimento è Ada Coleman, la prima “barmaid” della storia, un esempio di virtù professionale
Cosa ne pensa del ruolo del barman, è una moda o crede sia veramente in atto una rivoluzione del bere bene?
Ritengo che il ruolo del Bartender e soprattutto il concetto di “bere bene” non debbano essere vissute come una “moda” ma come un “modo” di operare la propria professione. Oggi più di ieri veniamo a contatto con una clientela sempre più consapevole ed esigente ed è necessario essere altrettanto esigenti con noi stessi.
Le piace preparare cocktail classici, che hanno fatto la storia? Quale preferisce, eventualmente e in quale cocktail si vede la bravura di un barman?
Assolutamente si, amo preparare soprattutto i grandi classici, bisogna conoscere bene il passato per costruire il futuro. Tra i grandi cocktail che rappresentano le basi, propongo spesso il Margarita, o il cocktail Martini che ritengo essere tra i più complessi da preparare perché gli esperti del settore sanno quanto complicato è trovare l’equilibrio perfetto.
Quando prepara un cocktail cosa predilige per primo, il gusto, la vista, l’olfatto o l’istinto, e predilige di più la tecnica o l’estro Creativo ?
Posseggo senza dubbio una personalità creativa, e soprattutto comunicativa che non può restare chiusa in una unica definizione ripeto sempre, soprattutto a me stessa, che la ricetta e la ricerca del cocktail perfetto è come un viaggio, un itinerario sensoriale, che coinvolge tutti e cinque i sensi: gusto, olfatto, vista, tatto, udito, ma la vera scoperta è il “sesto senso”.
Per concludere la nostra breve chiacchierata La ringraziamo per aver accettato la nostra intervista e le chiediamo la ricetta di un suo drink per i nostri lettori.
Sono io che devo ringraziare voi per l’invito, e non posso non condividere con voi la ricetta di una mia creazione che ritengo essere una valida un’alternativa al “solito” Spritz, il Kalakala, non lascio gli ingredienti, ma la curiosità di venirlo a provare, al Liberty Bar Hall Bagheria (PA), Grazie.