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La banana preserva il profilo aromatico della birra?

Uno studio rivela che un composto organico dal sapore molto simile a quello della banana preserva il profilo aromatico della birra.

Negli ultimi anni, sempre più mastri birrai di tutto il mondo lavorano per migliorare la birra in tutte le sue declinazioni stilistiche: lo fanno aggiungendo all’antica bevanda un ventaglio sempre più ampio di materie prime che ne elevano gli aromi e ne innalzano le qualità.

Parallelamente a questa metodologia di produzione, messa in pratica soprattutto nei birrifici di piccole e medie dimensioni, troviamo il lavoro di numerosi team di studiosi e scienziati che, con i risultati dei loro studi, forniscono ai produttori delle indicazioni sempre più precise su come migliorare le proprietà organolettiche delle birre.

La ricerca scientifica oggi infatti, grazie alle più moderne ed innovative tecnologie, è in grado di analizzare ogni singola caratteristica di tutti i malti e i luppoli utilizzati per la produzione della bevanda: questo, negli ultimi anni, ha consentito di realizzare un numero crescente di prodotti di pregio.

In tal senso, un’importante novità arriva dalla ‘Katholieke Universiteit’ di Lovanio, in Belgio: qui infatti è stato migliorato il gusto della birra tramite la mutazione di un gene dall’aroma molto simile a quello della banana già impiegato per migliorare il profilo aromatico di altre bevande alcoliche come i distillati.

Il lavoro è stato realizzato da Johan Thevelein, professore di biologia cellulare molecolare, e dal suo team: un gruppo di studiosi pionieri nella tecnologia di identificazione dei geni responsabili del profilo aromatico dei diversi tipi di lievito impiegati dall’industria alimentare. Questo il motivo per il quale le loro scoperte potrebbero avere un importante impatto positivo anche sul settore della birra.

Il procedimento dovrebbe consentire di risolvere una delle maggiori problematiche dell’industria brassicola: fino agli anni ’70, infatti, tutte le birre venivano prodotte con l’utilizzo di tini orizzontali aperti, mentre, in seguito, si è passati a contenitori chiusi, verticali e di grandi dimensioni.

Questi, ovviamente, consentono di produrre volumi maggiori e di risparmiare sui costi, ma il prodotto finale risulta spesso di qualità inferiore a causa dell’insufficiente rilascio di aromi: durante la fermentazione infatti il lievito converte il 50% dello zucchero della miscela in etanolo e il restante 50% in CO2. L’elevata presenza di anidride carbonica aumenta notevolmente la pressione all’interno dei contenitori e questo comporta lo smorzamento del profilo aromatico delle birre.

Per cercare di risolvere questo problema, gli scienziati hanno applicato la tecnologia utilizzata per gli altri lieviti alimentari ai fermenti necessari per produrre l’antica bevanda, e lo hanno fatto esaminando un gran numero di ceppi per valutare quali fornissero i risultati migliori nel preservare il sapore sotto pressione: l’obiettivo finale era quello di identificare il gene, o i geni, responsabili della produzione dei diversi aromi.

Il team si è concentrato su di un gene presente in un composto organico dal sapore molto simile a quello della banana (l’acetato di isoamile) “dato che è uno degli elementi più importanti presenti nella birra e in altre bevande alcoliche“, ha detto Thevelein, che ha aggiunto: “Abbiamo constatato che una singola mutazione genetica di questo gene comporta una maggiore tolleranza del lievito esaminato alla pressione dell’anidride carbonica”.

I ricercatori hanno quindi utilizzato una moderna tecnologia di modifica genetica per realizzare questa mutazione in altri ceppi di lievito da birra: ne è risultato che migliorano tutti in modo simile ed evidente, la loro resistenza alla forza esercitata dalla CO2 consentendo quindi di mantenere intatto il profilo aromatico delle birre prese in esame.

“Questi risultati dimostrano la rilevanza scientifica della scoperta, e il suo potenziale impatto sulla produzione industriale e artigianale della bevanda. La mutazione è il primo passaggio per comprendere il meccanismo mediante il quale l’elevata pressione dell’anidride carbonica può compromettere il rilascio di aromi da parte della birra“, ha affermato Thevelein.

Come dimostra anche questo studio, di qualunque tipologia di birra si tratti, il futuro per il panorama brassicolo mondiale si prospetta molto affascinante poiché la ricerca scientifica, anno dopo anno, consente di migliorare i processi produttivi tramite anche delle tecniche che rendono possibile preservare sempre più integri aromi e sapori presenti nell’antica bevanda.

La scienza, inoltre, mette a disposizione una serie di dati e di procedimenti che consentono sperimentazioni di gusti, colori e aromi inimmaginabili solo fino a qualche decina di anni fa: tutto questo consentirà di far crescere ulteriormente il numero di appassionati dei prodotti brassicoli nel mondo.

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