Parlare del cocktail Martini significa parlare della storia stessa della miscelazione, tanto è iconico questo drink a base di gin e vermouth dry.
Come spesso accade, alla storia del cocktail si intreccia quella del suo nome: andiamo a vedere, quindi, perché il Martini Dry, pur essendo nato negli Stati Uniti, ha un nome italiano.
Diciamo subito che, come spesso accade nel caso dei cocktail più “antichi”, l’origine del nome Martini si perde fra varie teorie. Almeno tre. Tutte affascinanti e tutte in qualche modo rappresentative della storia del drink.
Dal Martinez al Martini
La prima teoria fa risalire le origini del Martini addirittura al “professor” Jerry Thomas, il padre della miscelazione moderna: il Martini sarebbe infatti un’evoluzione, anche nel nome, del Martinez, cocktail che – stando ad alcune fonti – sarebbe stato inventato per l’appunto da Jerry Thomas verso la metà dell’Ottocento con Old Tom gin (o genever, secondo alcuni storici), vermouth rosso, maraschino e qualche goccia di bitter. Anche se un’altra leggenda attribuisce la paternità del Martinez al barman Julio Richelieu, che lo avrebbe preparato attorno al 1870 nella città di Martinez, in California, per un cercatore d’oro desideroso di brindare alla fortunata scoperta di un filone aureo.
Fatto sta che la ricetta viene pubblicata da Thomas nella seconde edizione del suo “How To Mix Drinks“, datata 1887, e che sembra essere una variante del Fancy Gin Cocktail, che appare invece già nella prima edizione del manuale di Jerry Thomas (pubblicata nel 1862) e prevede gin, orange curacao, sciroppo di gomma arabica, bitter e limone. La prima ricetta di un cocktail chiamato Martini appare invece nel “Bartenders’ Manual” di Harry Johnson del 1888, ma – al pari di altre ricette con lo stesso nome pubblicate in numerosi altri manuali negli anni successivi – si tratta di un drink piuttosto diverso dal Martini Dry che conosciamo oggi, assomigliando ancora molto al Martinez.
Lo stabilimento Martini a Pessione (TO)
Un bartender ligure a New York
Veniamo così alla seconda teoria, secondo la quale il Martini si chiama così in quanto sarebbe stato preparato per la prima volta da un tale signor Martini (il nome di battesimo si è perso nella storia), barman originario di Arma di Taggia che lo avrebbe servito attorno al 1910 a New York nientemeno che a John D. Rockefeller.
Ma c’è anche una terza ipotesi, come dicevamo: secondo alcuni, infatti, il Martini deriverebbe dal Marguerite, cocktail con gin, vermouth francese, anice e orange bitter, la cui ricetta viene pubblicata nell’edizione del 1900 del “Bartenders’ Manual” di Harry Johnson. Negli anni successivi, il Marguerite sarebbe diventato sempre più secco perdendo prima l’anice e poi anche l’orange bitter, fino a essere rinominato Martini quando, al posto del vermouth francese, si iniziò a usare il vermouth dry prodotto dall’italiana Martini & Rossi, più facile da reperire sul mercato americano.
Le varianti
Il Martini Dry ha dato origini a numerose varianti che, a loro volta, sono caratterizzate da nomi che derivano da storie e situazioni più o meno curiose. Vediamo due delle più famose.
Vesper Martini
Reso famoso da James Bond, prima nel romanzo “Casino Royale” di Ian Fleming (1953) e poi nell’omonima trasposizione cinematografica (1967), è comoposto da gin, vodka e Lillet Blanc o Americano Cocchi (in sostituzione dell’originaria Kina Lillet, oggi non più in commercio). Deve il suo nome a Vesper Lynd, la prima “bond girl” della storia, a cui l’agente segreto con licenza di uccidere lo dedica la prima volta che lo chiede al bartender di turno. Specificandogli pure la ricetta: “Tre parti di Gordon’s, una di vodka, mezza di Kina Lillet Blanc. Agitate molto bene fino a quando non sarà ghiacciato e poi aggiungete una grande scorza di limone. Capito?”.
Hemingway Martini o Montgomery Martini
Gli ingredienti sono gli stessi del Martini originale, ma in proporzioni decisamente diverse: il rapporto fra gin e vermouth dry è 15:1 anziché 6:1, perché così lo voleva Ernest Hemingway – che, come noto, con l’alcol andava giù pesante – quando lo ordinava all’Harry’s Bar di Cipriani a Venezia. La denominazione alternativa, Montgomery Martini, deriva dal fatto che lo stesso rapporto (15:1 appunto) era indicato dal famoso generale inglese Bernard Law Montgomery come la proporzione ideale fra i propri soldati e quelli nemici per vincere le battaglie.