Per agevolare la ripresa di bar e ristoranti occorre anche ripensare la politica turistica delle nostre città d’arte. La riflessione nasce dopo una visita a San Gimignano e una chiacchierata con Alessandro Beggio, titolare del Time di Venezia
È ora di coltivare un turismo di qualità, di diversificare l’economia e di restituire una dignità civica e comunitaria al nostro patrimonio artistico.
Negli ultimi trent’anni città come Venezia, Firenze e San Gimignano hanno perso due terzi dei residenti. Nel frattempo, il turismo è diventato praticamente la loro sola risorsa economica e quindi l’unica prospettiva professionale dei cittadini.
Di conseguenza, o lavori per i turisti o te ne vai, visto che oltretutto i prezzi delle case e il costo della vita nel tempo sono aumentati. E così gli appartamenti in centro sono stati convertiti in case vacanze.
Risultato? Da città, questi patrimoni artistici sono diventati sempre più supermercati del turismo privi d’anima e di vita reale. Se non ci sono i turisti, smettono di esistere. Non va bene.
“Incanalare quasi tutte le energie nel turismo -magari straniero- sulla lunga snatura i luoghi. Chi vive in queste città lo sa da tempo: ormai buona parte degli appartamenti del centro viene affittata a studenti, stranieri o turisti. E nel momento in cui loro vengono a mancare crolla tutto il sistema economico e sociale. Bisognerebbe rivedere le politiche turistiche”, afferma Alessandro Beggio, titolare del Time Social Bar di Venezia.
Lo ribadiamo. Siamo d’accordo con lui.
LA VISITA DI SAN GIMIGNANO A FINE GIUGNO 2020
Lo abbiamo sperimentato di persona. Non solo in un’occasione. Ma la più eclatante, indimenticabile, è stata l’escursione a San Gimignano a fine giugno 2020. L’avevamo già visitata, più volte. Ma mai vista così! Deserta, senza turisti né stranieri né italiani, sembrava una città fantasma. In un silenzio da cimitero, tra case semi abbandonate con le persiane quasi tutte chiuse, abbiamo camminato provando un mix di malinconia, disagio e perplessità prima di sederci nel bar di Stefania Volpini, La Biscondola, e berci un bicchiere di vino e fare due ciarle. “Da tempo la cittadina si è svuotata: al di là delle attività legate al turismo, qui non c’è niente da fare. Inoltre, è diventata molto cara. Allo stato delle cose, non stupisce che la popolazione sia ormai ridotta all’osso e che chi ha una casa in centro abbia deciso di affittarla ai turisti per brevi periodi”, ci aveva raccontato con aria sconsolata.
CONCLUSIONE
E ora, arriviamo al punto: la pandemia è pure l’occasione per riflettere su come il settore dell’ospitalità debba rinnovarsi e variare il target del visitatore. Le strade sono molte, tutte complesse. E devono essere pensate ad hoc, tagliate su misura per ogni realtà.
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