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Giro del mondo in birra: Uruguay

La scorsa settimana il viaggio alla scoperta dei prodotti brassicoli realizzati in tutto il mondo era in Ungheria per l’ultima tappa europea di questa rubrica. Quest’oggi invece ci troviamo in Uruguay.

I racconti e le curiosità riguardanti il panorama birrario mondiale di cui è ricco il Sud America, dove approda il tour in questo nuovo appuntamento: una terra sconfinata che, con una superficie corrispondente al 13% circa delle terre emerse e mezzo miliardo di abitanti, offre una varietà incredibile di climi e panorami e un altrettanto ampia diversità di culture oltreché un grande numero di storie da raccontare anche per quanto riguarda la produzione della birra.

Basti ricordare quanto avviene in Brasile, dove i mastri birrai locali, per dare un tratto distintivo alle loro riproposizioni dell’antica bevanda, utilizzano sempre più spesso frutti coltivati localmente; oppure l’affascinante storia che arriva dalle sconfinate praterie della Patagonia argentina dove, nel 2010, a Ushuaia, è stato fondato il birrificio più a sud del mondo che ha sottratto questo primato al cileno Punta Arenas che lo deteneva da un secolo.

Racconti originali sulla bevanda arrivano anche dall’Uruguay, il palcoscenico brassicolo del quale parleremo in queste righe. Un Paese nel quale, come in diversi altri stati del Sud America, la birra è di gran lunga la bevanda preferita: lo dimostra il fatto che, nel 2022, ne sono stati consumati qualcosa come 100 milioni di litri a fronte di una popolazione composta da soli 3,4 milioni di abitanti.

Una delle storie più particolari che arrivano da Montevideo riguardanti le bevande brassate è quella dell’ex studentessa universitaria Mariana Lopez che, nel 2006, mentre stava preparando un esame di bioingegneria, su un libro vide riportata la spiegazione di come produrre la birra in casa.

La giovane, incuriosita, con il supporto di alcuni amici fra i quali un novello mastro birraio (Alejandro Baldenegro) decise di mettere in pratica quanto imparato dal testo e nei due anni successivi iniziò a produrre birre di tutti i tipi destinate esclusivamente al consumo del gruppo.

I giovani, nel 2008, decisero di proporre le loro creazioni birrarie ad alcuni locali della capitale e fu la svolta: queste infatti, fin da subito, furono assai apprezzate. Le birre furono quindi proposte a numerosi pub, birrerie e ristoranti: nasceva così la Cerveceria del Sur che oggi è uno dei marchi più rinomati del Paese.

La referenza della casa maggiormente apprezzata, secondo il sito ‘Rate Beer’, è la Davok: si tratta di un’american ipa con una gradazione alcolica del 6,2%. La bevanda si presente di color giallo dorato ed il profilo aromatico mette in risalto note di agrumi, caramello, malto e frutti tropicali.

Una citazione merita anche un altro birrificio artigianale locale, ovvero il Cabesas, fondato nel 2007 a Tacaruembo’, cittadina situata nel nord del Paese: secondo il medesimo portale web infatti produce la birra artigianale più apprezzata dagli uruguaiani.

La referenza in questione è la ‘Sabotaje’ (ovvero ‘sabotaggio’) che è stata lanciata sul mercato nel 2017: si tratta di una stout con una gradazione alcolica del 6,1%. La bevanda, come prevede l’iconico stile irlandese, si presenta di color marrone scuro con una sottile e corposa schiuma beige mentre l’aroma mette in risalto note di malto tostato e cioccolato.

birra Uruguay

Il settore birrario uruguaiano, in generale, ha però iniziato solo negli ultimi anni un vero e proprio sviluppo e questo è il motivo per il quale i numeri della filiera sono ancora piuttosto risicati: basti pensare che la ‘Asociación de Microcervecerías Artesanales del Uruguay’ (la nostra Unionbirrai), al momento, conta solo 36 birrifici iscritti.

Un panorama brassicolo, quello del Paese sudamericano di cui ci stiamo occupando, che inoltre, contrariamente ad altri Paesi vicini (come l’Argentina o il Perù) ha la peculiarità di non presentare una bevanda brassicola autoctona antenata di quelle moderne: qui infatti la birra è arrivata solo nel corso dell’800 insieme ai colonizzatori spagnoli e portoghesi.

Nonostante l’assenza di una cultura brassicola plurisecolare, come visto, seppur ancora piuttosto lentamente, il settore birrario locale si sta espandendo come hanno anche recentemente sottolineato alcuni rappresentanti dei produttori artigianali locali.

Il sito dell’associazione che abbiamo citato in precedenza infatti riporta queste parole: “Siamo un piccolo gruppo, ma che cresce con grande forza, spirito d’iniziativa ed inventiva” ed è  sostenuto da consumi che, secondo le statistiche, sono in costante crescita.

Un dato, quest’ultimo, che sta spingendo un numero sempre maggiore di giovani mastri birrai ad investire nel settore creando prodotti originali e di qualità a base di prodotti tipici del territorio quali il frutto della passione, il caffè ed il cacao, ma anche proponendo le proprie versioni degli stili iconici della diverse culture brassicole europee.

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Nicola Prati
Nicola Prati
Classe 1981. Subito dopo la maturità classica, inizia a collaborare con la ‘Gazzetta di Parma’ (2000): una collaborazione giornalistica che durerà otto anni. Contemporaneamente, dal 2005 al 2008, fa parte dell’ufficio stampa del Gran Rugby Parma. Successivamente, fra le altre esperienze lavorative, quella nell’ufficio comunicazione interna di Cariparma Credit Agricole e nella direzione relazioni esterne del gruppo Barilla. Le sue due più grandi passioni sono tutti gli sport e la musica. A queste, si aggiungono la lettura, i viaggi e la cucina. Collabora con ApeTime da gennaio 2021.

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