Non sottovalutate l’importanza del nome del drink: è rilevante quanto il suo contenuto.
“Un nome sbagliato sarà un handicap già in partenza per la vendita del cocktail”, osserva il bar manager fiorentino Luca Manni, autore insieme a Federico Bellanca e Giacomo Iacobellis del libro Cocktail Estetica (Il Forchettiere) e capo barman al Move On e al Caffé Concerto Paszkowski.
Evitate per i drink dei nomi lunghi o strani.
Pensate ad alcuni degli ultimi cocktail emersi a livello internazionale. Come si chiamano?
Penicillin, Paloma, Pornstar Martini... Hanno un nome semplice e facilmente ricordabile.
Ci sono delle eccezioni, ma tenete presente la regola. Funziona.
Non è tutto. Essenziale, inoltre, saper poi raccontare anche il cocktail.
“Non bisogna dilungarsi troppo nella spiegazione del drink per evitare di risultare saccenti e noiosi”, chiarisce Manni.
Di fronte a un cliente indeciso e che non conoscete, alcune domande utili sono frasi come: “Ti piace il Daiquiri? Preferisci forse il Negroni?”.
Le risposte vi aiuteranno a comprendere se ciò che volete proporgli sarà di suo gradimento oppure no.
Un altro metodo sempre valido per ricostruire i gusti del cliente ė lavorare sulle assonanze gustative. “Un amante del rum sarà interessato a scoprire il Clairin di Haiti, per esempio”, osserva Luca Manni.