Torna la rubrica dedicata ai prodotti tradizionali di ogni angolo del pianeta: la scorsa settimana il viaggio in Benin. In questo nuovo appuntamento il tour cambia continente e approda in Bhutan, alle pendici della catena montuosa dell’Himalaya.
Il nome dello Stato, nella lingua locale, è “Druk Yul”, ovvero la “Terra del Drago Tonante”, la cui immagine campeggia sulla bandiera nazionale.
L’origine del toponimo è ancora misteriosa, si pensa possa derivare da due termini in sanscrito: ‘Bhota-ant’ che significa la ‘fine del Bhot’, cioè del Tibet, oppure da ‘Bhu-uttan’, ‘alte terre’. Arcana è anche l’origine del Paese, che affonda nella mitologia: si narra che intorno al 750d.C. il guru tibetano Padmasambhava, a cavallo di una tigre volante, arrivò in Bhutan e sconfisse i demoni che impedivano la diffusione del buddhismo.
Una delle voci più importanti dell’economia del Paese è la coltivazione dei cereali che avviene nella parte meridionale del territorio bhutanese dove scorrono diversi fiumi: fra questi spicca il riso, motivo per il quale una delle bevande tradizionali locali per eccellenza viene realizzata partendo proprio da questa materia prima.
La storia del prodotto è assai difficile da tracciare dato che vi sono diversi gruppi etnici, anche nella confinante India, che se ne attribuiscono l’invenzione: molto probabilmente però le popolazioni che, nel corso dei secoli, hanno abitato questi territori sapevano fermentare i liquidi già nell’ 8000a.C.
Il primo passaggio per la preparazione prevede che il riso (si utilizza quello ad elevato contenuto di glutine) venga pulito sciacquandolo più volte con l’acqua: in seguito, viene cotto e distribuito su tappetini realizzati col bamboo, oppure nelle foglie di banano per essere scolato.
A questo punto viene aggiunto l’humao (una botanica) al riso: si tratta di uno starter tradizionale realizzato con farina di riso e corteccia di Albizia (pianta molto diffusa in Asia) grattugiata che inizia la fermentazione la quale dura più giorni a seconda della stagione.
Quando il riso comincia a rilasciare del liquido zuccherino, questo viene preso e trasferito all’interno di coni chiamati khulu i quali vengono sistemati sopra a dei recipienti che dovranno raccogliere tutto il liquido che cola: una volta compiuta la colatura, la birra tradizionale è pronta per essere servita e consumata.
Viene realizzato in occasione di feste religiose, oppure di matrimoni e funerali, per essere bevuto durante i pasti; quando nasce un bambino inoltre il neo padre bagna le labbra del neonato con delle gocce di questa bevanda per tenerlo lontano dalla cattiva sorte.
Un infuso assai popolare in questo territorio, invece, è il tè a base di burro di yak (o bovino tibetano), elemento che conferisce molta energia calorica, motivo per cui è particolarmente adatto alle alte quote dell’Himalaya e alle sue rigide temperature invernali.
Secondo alcune usanze tibetane, questa bevanda deve essere consumata in sorsi separati e, dopo ciascuno di essi, l’ospite riempie la ciotola fino all’orlo: motivo per cui non viene mai bevuto completamente il contenuto della coppa essendo questa costantemente rabboccata per tutta la durata del banchetto.
In Bhutan, inoltre, ha origine antichissime la produzione delle antenate delle moderne birre (si parla di migliaia di anni: anche dalle pendici della catena montuosa più elevata del pianeta arriva quindi una testimonianza di come queste abbiano sempre rivestito grande importanza nella storia dell’uomo) e ancora oggi qui vengono preparate due bevande fermentate, alle quali si sono aggiunte le moderne produzioni.
Il frumento, o un altro cereale coltivato localmente, viene fatto bollire in acqua. Una volta cotto, è messo ad asciugare al sole: successivamente è ricoperto con dei pezzi di lievito precedentemente sbriciolato (Phab) e chiuso in un contenitore. Da questa prima fermentazione nasce il ‘Sin Chang’, corposo e molto alcolico, che si consuma tiepido.
Quando ai chicchi fermentati viene aggiunta altra acqua e poi si procede alla loro pressatura, invece, si ottiene il ‘Bang Chang’, più leggero e torbido: entrambe queste birre ancestrali hanno un gusto tendenzialmente acido, con spiccate note fruttate ed un aroma assai deciso.
Il consumo di queste due bevande tradizionali, al giorno d’oggi, è legato soprattutto a rituali religiosi e cerimonie come i matrimoni: sono prodotte in casa dalle donne e non possono essere commercializzate ma devono essere sempre offerte agli ospiti, soprattutto quelli che giungono da lontano, per fargli apprezzare autentici sorsi di cultura e tradizione bhutanese.