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Pillole di storia della birra inglese

Oltre alla famiglia reale, al porridge e alle Highlands Scozzesi, se si parla del Regno Unito non si può non pensare anche alla birra: vediamo allora alcuni fondamentali passaggi storici che riguardano la bevanda prodotta oltremanica e puntiamo la luce su alcuni interessanti concetti riguardanti le iconiche birre di questo Paese.

Ricordiamoci in primis che l’Inghilterra, la Scozia, l’Irlanda ed il Galles non sono eccellenti produttori di vino poiché il clima avverso non ha mai concesso alla vite di crescere e spopolare ed in effetti, se cercate su internet “vino inglese”, i primi risultati della ricerca vi daranno solamente l’arida traduzione letteraria.

Il terreno risultò fin da subito essere appropriato alla coltivazione del luppolo, nonostante la Gran Bretagna sia stata tra le ultime zone d’Europa ad accettarlo come ingrediente base della birra, a partire nel 1700 circa: in alcuni resoconti si può infatti leggere che alcuni funzionari locali erano talmente contrari all’uso del luppolo che bandirono il suo uso nelle ale inglesi. La birra ale inglese nacque quindi senza uno degli ingredienti che successivamente l’avrebbero caratterizzata.

Parlando di antichi birrai, gli scozzesi potrebbero aver iniziato a produrre la bevanda nello stesso periodo degli Egizi (5000 a.C.): alcune testimonianze archeologiche infatti rivelano che la produzione di malto e birra risale proprio a quel periodo. I birrai dell’epoca la aromatizzavano con miele, bacche ed erbe selvatiche, mentre i Celti erano soliti  aggiungere Giusquiamo nero (una solanacea dagli effetti tossici che tra l’altro può compromettere i tempi dei riflessi nervosi) e furono tra i primi a sviluppare l’essicazione dei grani nei forni e ad arrostirli (circa nel 700 a.C.).

La cultura birraria si è diffusa poi in tutta Europa proprio grazie alle migrazioni delle tribù germaniche e celtiche arrivando, nel I secolo a.C., fino a Roma, dove il consumo dell’antica bevanda iniziò a diffondersi, nonostante fosse percepita come una bevanda inferiore al vino.

La birra, infatti, entrò in molte case dell’Impero: le fonti storiche raccontano che, ad esempio, Agricola, governatore della Britannia, tornato a Roma nell’83 d.C. insieme a tre mastri birrai di Glavum (oggi Gloucester), trasformò la sua residenza nel prototipo di un moderno pub con produzione e mescita annesse.

Ma fu nel Medioevo che la birra raggiunse la maggior popolarità, grazie non solo all’apporto calorico, ma anche alla maggiore salubrità rispetto all’acqua allora disponibile. La birra, a partire da questo periodo, assunse anche una nuova caratterizzazione: non più dolce, ma più legata al luppolo grazie all’identificazione delle virtù di questa pianta.

Ricordiamoci inoltre che fino al 700 la produzione della birra inglese era affidata alle donne (come tutt’oggi avviene in diverse regioni dell’Africa) che la vendevano fuori porta per aumentare le entrate domestiche: solo successivamente iniziò ad essere un lavoro per uomini e un business vero e proprio su tutto il territorio britannico.

Business che vide l’Inghilterra utilizzare per prima tecnologie quali termometri,potenza a vapore e refrigerazione,diventando nel 1700 il maggior esportatore di birra del mondo: stili brassicoli inglesi come Burton e Porter iniziarono ad essere esportati fino in Russia, Asia, Nord America e Australia

Quindi se fino al Settecento la produzione è affidata alle donne, in seguito comincia ad essere un lavoro per uomini e un nuovo modo per fare affari:  si formarono infatti le prime corporazioni (Brewers Guild, a Londra, nel 1342 e Edinburgh Society of Brewers nel 1958), oltreché taverne e locali che acquistavano la birra dai birrifici e la rivendevano.

birra inglese
Still Life with a draft beer by the glass.

Sempre in questa fase si diffondono nuovi stili di birra inglese quali Mild, Stout, Pale Ale, India Pale Ale: questo passaggio avrebbe portato un considerevole aumento dei locali dove veniva servita l’antica bevanda che stava diventando sempre più patrimonio culturale e tradizionale di tutta la popolazione britannica.

A partire dall’’800 invece venne introdotta la spillatura a pompa che è tutt’oggi tipica del palcoscenico brassicolo inglese e permette ai locali di tenere le botti in cantina invece che sul bancone e quindi maggiormente al riparo da agenti esterni: l’utilizzo di bicchieri di vetro, inoltre, aumentò la popolarità delle birre più chiare.

La tradizione inglese, in sintesi, prevede birre ad alta fermentazione con basso contenuto di anidride carbonica e spillate  senza l’introduzione di gas nella bevanda: questo aspetto è una delle caratteristiche che rende inconfondibile il profilo aromatico, per esempio, delle stout.

Le birre più gasate, conservate in fusti con CO2 e importate insieme alle lager e ad altre tipologie birrarie provenienti dal continente, hanno cominciato a prendere piede all’inizio del 1900 e a mettere in crisi la tradizione britannica che i mastri birrai britannici continuano a difendere.

Sono quindi state allestite numerose campagne mediatiche in difesa della birra ad alta fermentazione, rifermentata in fusto e spillata senza aggiunta di anidride carbonica denominata Ale (Real ale o Cask Ale): l’associazione più famosa per la difesa di questa tradizione è la Camra (Campagin for Real Ale).

Questi dunque sono solo alcuni dei passaggi chiave da conoscere approcciandosi al variegato mondo brassicolo britannico ricco di molteplici sfaccettature: un insieme di cambiamenti che hanno fatto in modo che la birra sia diventata parte integrante della cultura e della storia d’oltremanica.

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