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Ada Coleman, la prima grande barlady: inventò l’Hanky Panky e cambiò la storia

Sono ancora in minoranza, ma sono sempre più numerose le barlady di successo che, anche in Italia, si fanno strada in un mondo tradizionalmente “maschile” come quello del bartending.

E se anche oggi (non solo in questo settore) una donna deve spesso impegnarsi il doppio per emergere rispetto a un collega uomo, figuriamoci come doveva essere ai primi del ‘900. Quando a emergere, in Inghilterra, fu Ada Coleman, la prima barlady ad avere conquistato un posto nella storia.

Non che non ci fossero donne, all’epoca, dietro ai banconi dei bar, anzi: molte ragazze che dovevano lavorare per mantenersi o per contribuire al bilancio familiare preferivano diventare barmaid piuttosto che fare le domestiche o passare lunghe ore in una fabbrica di tessuti o filati. Però non le si trovava quasi mai in primo piano in locali prestigiosi mentre, nello stesso periodo, tanto nel Vecchio continente quanto al di là dell’Oceano si moltiplicavano le campagne contro l’impiego di donne nei bar, ritenuti ambienti poco adatti al gentil sesso dal punto di vista morale e sociale. Per Ada Coleman, tuttavia, tutto iniziò quasi per caso.

Nata nel 1875 nel Kent, forse non avrebbe mai pensato di prendere in mano uno shaker se, quando aveva 24 anni, non fosse morto suo padre, che lavorava come steward nel golf club di Rupert D’Oyly Carte, noto imprenditore alberghiero. Che, per aiutarla, le offrì un lavoro in uno dei suoi hotel, il Claridge. Iniziò nel negozio di fiori, prima di essere trasferita al bar. Qui preparò il suo primo cocktail, un Manhattan, sotto la guida di un tale Fisher, wine butler (ovvero sommelier) dell’albergo.

Il Savoy

In beve tempo Ada conquistò la clientela con la propria bravura e la propria presenza, tanto che nel 1903 fu promossa head bartender dell’american bar del prestigioso Savoy di Londra, l’hotel di punta del gruppo di D’Oyly, in sostituzione di Frank Wells, appena andato in pensione. Mantenne quel ruolo per ben 23 anni, un record rimasto per molto tempo imbattuto.

Il bar del Savoy Hotel oggi

Al bar del Savoy trovò un’altra donna, Ruth Burgess, che era arrivata un anno prima e andò in pensione insieme ad Ada nel 1926. In oltre vent’anni, però, le due lavorarono sempre in turni diversi e non si parlarono quasi mai. Narra la leggenda che fra Coley (come i clienti iniziarono a soprannominare la Coleman) e Bunty (o Miss B, soprannomi della Burgess) non corresse buon sangue da quando quest’ultima aveva chiesto alla collega le ricette dei suoi cocktail, ottenendo un secco “no”.

Fra quelle ricette, una in particolare sarebbe diventata famosa. Per raccontarne la genesi, va sottolineato che, al bancone del Savoy, Ada Coleman conobbe e raccolse le confidenze di famosi attori, scrittori, finanzieri e regnanti. Tanto che, nel tempo libero, ebbe modo di organizzare regolarmente a casa propria feste in onore di grandi personaggi della scena teatrale, di cui era una grande appassionata, tanto più che la famiglia D’Oyly, a cui rimase sempre molto legata, possedeva anche una compagnia d’opera.

Ada Coleman impegnata in un throwing

La sua personalità solare, la simpatia e la naturalezza con cui si relazionava con i clienti la resero popolare fra gli esigenti ospiti del Savoy, molti dei quali le portavano regali da tutto il mondo ogni volta che avevano modo di tornare a Londra. Lucas D’Oyly Carte, fratello maggiore di Rupert morto prematuramente di tubercolosi nel 1907, le lasciò nel testamento la somma, allora considerevole, di 100 sterline.

L’Hanky Panky

Fra i clienti con cui era entrata più in confidenza c’era Charles Hawtrey, attore comico allora molto popolare oltremanica e grande appassionato di cocktail. Fu per lui che Ada inventò attorno al 1921 l’Hanky Panky, che quasi un secolo dopo, nel 2020, è entrato a far parte della lista ufficiale Iba.

La stessa Coleman, in un’intervista a The People, nel 1925, raccontò così la nascita del drink: “Il compianto Charles Hawtrey era uno dei migliori giudici di cocktail che abbia mai conosciuto. Anni fa, dopo il lavoro, aveva l’abitudine di venire al bar a bere qualcosa. Con lui passavo ore a sperimentare miscele finché non riuscivo a realizzare un nuovo drink. Una sera gli proposi di provare una mia nuova creazione. La bevve e alla fine esclamò: ‘Per Giove, questo è un Hanky Panky, un vero imbroglio!'”. “Imbroglio” era infatti il significato attribuito all’epoca all’espressione inglese “hanky panky”, utilizzata da Hawtrey per definire con entusiasmo qualcosa di inaspettato.

Harry Craddock

Nel 1920, all’american bar del Savoy prese servizio “un certo” Harry Craddock, bartender inglese tornato in patria a causa del Proibizionismo dopo 23 anni trascorsi negli Stati Uniti: impegnato al bar di servizio, Craddock intanto osservava la sua head bartender e imparava. Ne avrebbe preso il posto nel 1926 e sarebbe anch’egli entrato da protagonista nella storia della mixology.

Alla fine del 1925, il Savoy annunciò la chiusura dell’american bar per lavori di ristrutturazione dall’inizio dell’anno successivo e il contemporaneo pensionamento di Coley e Miss B. La notizia face scalpore, data la notorietà raggiunta da Ada Coleman, tanto che, nel febbraio 1926, fu riportata da almeno cinque giornali londinesi (tra cui il London Daily Express, che la definì “the queen of cocktail”). Negli anni successivi, qualche maligno ipotizzò che il pensionamento fosse stato suggerito alla direzione dell’hotel dallo stesso Craddock, smanioso di assumere la guida del bar alla sua riapertura.

L’ingresso nel mito

In realtà è alquanto probabile che a cinquant’anni, di cui quasi metà vissuti in prima linea a un bancone tanto impegnativo, la stanchezza si facesse ormai sentire, come del resto lei stessa lasciò trasparire – sempre nel febbraio del ’26 – in un’intervista al Niagara Falls Gazette, recentemente ritrovata e pubblicata dal giornalista Stefano Nincevich: “Devo dire che ero impegnata tutto il giorno. Soprattutto poco prima dell’ora di pranzo e altrettanto prima di cena! Il maggior numero di cocktail che abbia mai servito è stato trecento in quindici minuti. Sembra incredibile, vero? Ma era per una grande cena e avevo già diversi shaker con gli ingredienti pronti. Aspettavo solo che mi dessero il via. Poi, man mano che questi venivano versati, inventavo e proponevo altri drink. Ricordo che dopo il mio braccio mi fece male per giorni!“.

Hanky Panky

Qualcuno raccontò che, prima di ritirarsi definitivamente a vita privata, Coley lavorò per un po’ nel ben più tranquillo negozio di fiori del Savoy, rispolverando l’esperienza di inizio carriera. Tuttavia qualche anno fa l’archivista dell’hotel ha smentito la circostanza, non avendone trovato traccia nei registri dell’epoca. Certo è che morì nel 1966, a 91 anni, quando il suo Hanky Panky era ormai diventato celebre in tutto il mondo grazie anche allo stesso Craddock, che ne pubblicò la ricetta nel suo “Savoy Cocktal Book“.

Un secolo dopo, Ada Coleman fa parte della leggenda dell’Hotel Savoy, di cui è stata l’unica head bartender donna fino alla nomina di Shannon Tebay nel 2021. E dove oggi l’Hanky Panky viene servito in due versioni: quella originaria con gin, vermouth e qualche dash di Fernet Branca e quella “di lusso” preparata con quattro diversi gin, quattro vermouth e due bitter, miscelati fra loro o poi fatti invecchiare in botti di rovere americano nuove.

Ma soprattutto, Ada Coleman è ricordata per avere dimostrato al mondo che bar e cocktail non sono esclusivamente “cose da uomini”, aprendo la strada a tante barlady che ne hanno seguito e ne seguono le orme con passione e talento. Una grande donna, oltre che una grande barlady.

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Stefano Fossati
Stefano Fossati
Redattore del tg Bluerating News, collaboratore delle testate economiche di Bfc Media, di Mixer Planet e naturalmente del Magazine ApeTime.

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