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Giro del mondo in birra: Marocco

Dopo la tappa a Malta, il tour alla scoperta delle birre industriali, artigianali e tradizionali realizzate in tutto il mondo torna in Africa ed approda nella macro regione settentrionale del continente conosciuta come Maghreb, territorialmente suddivisa fra sei Stati (considerando quello del Sahara occidentale riconosciuto a livello internazionale solo da 87 Paesi).

Il viaggio infatti si trova in Marocco, terra dove, come quasi ovunque in questo sconfinato e affascinante continente, sono presenti sia produzioni industriali che tradizionali, con le seconde che fanno parte delle tradizioni delle popolazioni locali da secoli.

Come abbiamo già avuto modo di sottolineare, questa parte del mondo si trova al centro degli interessi commerciali dei grandi produttori della bevanda: un aspetto  dovuto al fatto che, nell’ultimo decennio, in Africa i consumi sono cresciuti del 4%, e proprio il Marocco, grazie ad una delle economie almeno in parte più sviluppate dell’area, è uno dei Paesi che traina la crescita.

Sebbene infatti la maggior parte dei marocchini sia di religione musulmana (che, come noto, proibisce sia la produzione che il consumo di alcolici), la costituzione del Paese è notevolmente laica, anche per quanto riguarda il commercio di birra che può essere sia prodotta che venduta.

Questo ha fatto in modo che, specie negli ultimi anni, si sia assistito ad un significativo aumento dei consumi interni: secondo il quotidiano  arabo Assabah (notizia riportata da diverse testate italiane) infatti, ogni anno, qui vengono consumati oltre 100 milioni di litri di birra. Come avvenuto la scorsa settimana in occasione della tappa maltese, bisogna però sottolineare come alla crescita di questo dato corrisponda una presenza sempre più massiccia di stranieri sia come residenti (in modo particolare spagnoli e francesi che trovano un regime fiscale migliore) che come turisti.

Il birrificio industriale marocchino più antico e importante, fondato nel 1919 e di proprietà del gruppo francese Castel dal 2003, è la ‘Brasserie du Maroc’ che possiede diverse strutture produttive sparse sul territorio nazionale ed è presente sul mercato con numerose referenze brassicole sia internazionali (produce anche Heineken grazie ad un accordo fra i due big del settore) che locali.

Per quanto riguarda le seconde, la birra più popolare prende il nome dalla città nella quale viene prodotta, Casablanca: si tratta di una lager con una gradazione alcolica del 5%, di colore giallo dorato che mette in risalto note maltate e caramellate, motivo per cui si contraddistingue per un sapore piuttosto dolce.

Casablanca, birra Marocco

Come detto in precedenza, anche in Marocco riveste un ruolo importante la bevanda tradizionale che viene realizzata da secoli con l’impiego di un frutto diffusissimo specie in alcune aree del Paese (ne esistono ben 42 tipologie): si tratta della birra di datteri, prodotta, in modo particolare, nella regione sud-orientale di Tafilalet (termine che significa ‘ricchezza di natura’).

La preparazione di questa bevanda è una tradizione famigliare ed è una mansione tipicamente femminile, motivo per cui si tramanda tra le donne di generazione in generazione e, da secoli, viene prodotta specialmente per le grandi occasioni come i matrimoni. Realizzata con una delle risorse più importanti del territorio, questa birra deve la sua particolarità al fatto che ai datteri si aggiungono numerose piante aromatiche che gli conferiscono anche proprietà medicinali.

La ricetta di questa birra varia a seconda delle comunità: si possono infatti usare diverse varietà di datteri e tipi di piante. Quella preparata nella comunità degli Aït Atta della regione di Alnif-Tazarine, per esempio, prevede l’impiego delle varietà di datteri Khelt e Tahmout o Bousthmi.

Alcune tipologie di datteri vengono scelte proprio per il fatto che consentono la formazione di una corposa schiuma bianca: le piante aromatiche, invece, crescono in modo selvatico nelle regioni aride e semi aride e sono scelte in base al loro profumo (come e basilico e rosa) e alle proprietà medicinali.

datteri marocco

La tecnica di preparazione prevede di mettere le erbe a macerare per qualche giorno dentro un recipiente in terra cotta oppure in una zucca vuota ed essiccata. I datteri vengono lavati e poi impastati energicamente in un recipiente di ceramica fino ad ottenere un impasto omogeneo di colore chiaro.

Successivamente, si aggiunge il macerato di erbe e, mescolando il tutto, si forma una schiuma simile a quella prodotta dal sapone: questo il motivo per il quale si chiama “tassabount”, termine che significa “sapone”. Una volta filtrata, la bevanda è pronta per essere consumata.

Oggi sono poche le persone che sanno preparare la birra di datteri: si tratta di una delle conseguenze della mancata valorizzazione del patrimonio rappresentato dalla grande biodiversità agricola legata alla coltivazione di tale frutto. Questo però non vuol dire che la bevanda non continui a rivestire un ruolo di grande importanza nella cultura di numerose comunità fra quelle che compongono la società marocchina.

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Nicola Prati
Nicola Prati
Classe 1981. Subito dopo la maturità classica, inizia a collaborare con la ‘Gazzetta di Parma’ (2000): una collaborazione giornalistica che durerà otto anni. Contemporaneamente, dal 2005 al 2008, fa parte dell’ufficio stampa del Gran Rugby Parma. Successivamente, fra le altre esperienze lavorative, quella nell’ufficio comunicazione interna di Cariparma Credit Agricole e nella direzione relazioni esterne del gruppo Barilla. Le sue due più grandi passioni sono tutti gli sport e la musica. A queste, si aggiungono la lettura, i viaggi e la cucina. Collabora con ApeTime da gennaio 2021.

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