HomeBirraGli stili di birra meno conosciuti: le Flemish Sour Ale

Gli stili di birra meno conosciuti: le Flemish Sour Ale

Quali sono gli stili di birra meno conosciuti: che cosa sono le Flemish Sour Ale?

Nel corso dei secoli la birra ha vissuto molteplici cambiamenti per quanto riguarda le metodologie di produzione, gli ingredienti utilizzati e, di conseguenza, il profilo aromatico: questo è dipeso sia dalle scelte dei mastri birrai che dalle innovazioni tecnologiche, ma anche dalle disposizioni governative.

Come abbiamo avuto modo di vedere nel corso del viaggio della rubrica ‘Giro del mondo in birra’, ad esempio, in Gran Bretagna, fino agli inizi del ‘700 era severamente vietato l’utilizzo del luppolo nella produzione birraria: in precedenza infatti non se ne conoscevano le caratteristiche organolettiche e quindi come avrebbe potuto modificare aromi e sapori della birra.

Un altro esempio di come si sia modificata l’arte brassicola è l’introduzione, a partire dal 1642, dell’innovativo sistema dell’essiccazione del cereale in forni a getto d’aria (anziché a fiamma diretta), la cui tecnologia consente di ottenere colorazioni (e conseguenti sfumature aromatiche) più chiare rispetto al passato. Nonostante questi cambiamenti vi sono però degli antichi stili birrari che continuano ad essere prodotti secondo le medesime metodologie di secoli fa.

Questo è il caso delle Flemish Sour Ale originarie delle Fiandre, ovvero la regione del Belgio che, probabilmente, rappresentava il cuore della produzione europea dell’antica bevanda tra il 1500 ed il 1800: birre simili a questa erano comuni  anche in Gran Bretagna, Irlanda e Germania, mentre oggi rappresentano una piccola nicchia di mercato.

Le bevande brassate afferenti a tale stile hanno un contenuto alcolico tra il 5 e il 7%, un gusto agrodolce, note amare ridotte o assenti, un aroma luppolato e un bouquet aromatico molto complesso: queste particolari birre, inoltre, si contraddistinguono per la loro acidità.

Tale peculiarità è la prima prova che vengono prodotte con una fermentazione mista, ovvero alcolica e acida: una moltitudine di microrganismi infatti agisce nella lenta trasformazione del prodotto, contribuendo a sviluppare un profilo sensoriale finale davvero unico ed inconfondibile.

birra Flemish Sour Ale

In passato (ma anche ai nostri giorni) queste birre erano considerate un prodotto di alta gamma, in quanto si distinguevano dalle comuni bevande per il lungo processo di affinamento, che ne determinava un prezzo di vendita maggiore rendendole non accessibili a tutti.

Le qualità distintive non sono però da ricercarsi solo nella sosta prolungata nelle botti prima della messa in commercio oppure nella lunga fermentazione, ma anche nell’applicazione di un ricercato processo di brassatura che prevede numerosi passaggi.

Le Flemish Sour Ale, come vuole la ricetta originale, vengono prodotte con un mosto tradizionale, che può essere chiaro, ma vengono utilizzate anche grandi quantità di malti scuri e caramello: a volte viene aggiunto il frumento per renderne più rotondo il gusto.

La particolarità delle materie prime impone anche delle attenzioni specifiche nella scelta del luppolo: mentre per le birre classiche i mastri birrai ricercano i coni più freschi, più floreali e più agrumati, per le sour ale si utilizzano quelli vecchi più di un anno.

Questo perché non si vuole inibire l’azione dei batteri lattici (fondamentali per la fermentazione, soprattutto in una birre con queste caratteristiche) con i polifenoli del luppolo: tale operazione renderebbe  amarezza e acidità non equilibrati nel prodotto finale.

Il luppolo viene quindi invecchiato per un anno o più, finché non diventa poco amaro e senza alcun profumo e si impiega in quantità maggiori, anche  doppie, rispetto a quanto avviene con una normale ale per arricchire la bevanda di antiossidanti: una parte dell’importante componente vegetale infatti sopravvive all’invecchiamento e si solubilizza durante la bollitura del mosto.

Le Flemish Sour Ale, inoltre, vengono invecchiate per due anni prima di essere imbottigliate e, in alcuni casi, le bottiglie sono ulteriormente conservate dai consumatori: la necessità di preservare la bevanda dal pericolo di ossidazione per un periodo così lungo è dunque un’esigenza irrinunciabile.

La fermentazione primaria di queste birre viene fatta dai batteri Saccharomyces ad alta lievitazione secondo un decorso del tutto normale, identico a quello di una classica ale: successivamente intervengono i batteri lattici appartenenti a diverse specie e ceppi.

La seconda fermentazione avviene invece grazie ai Lactobacillus e tale fase dura da due a diciotto settimane circa: questo è il processo che porta al deterioramento delle birre classiche (che i birrai cercano di evitare mediante un’abbondante luppolatura) ed è dunque tale passaggio che d vita a questo particolare stile di birra belga.

La terza ribollitura (che dura un anno), invece, produce grandi quantità di acido lattico e si tratta di un processo lento che tipicamente avviene nelle botti in legno: questa fase si avvia grazie alla capacità dei batteri di produrre enzimi in grado di attaccare gli zuccheri complessi non metabolizzati in precedenza.

Vi è infine un quarto passaggio che consente sia di aumentare la gradazione alcolica delle Flemish sour ale (fino al 7%), sia di renderle del loro caratteristico colore ambrato/rosso scuro: questa fase dura circa sei mesi, motivo per cui, complessivamente, servono due anni affinché tali particolari birre siano pronte per esse degustate dagli amanti dell’antica bevanda.

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