In tempi di sanzioni alla Russia il caviale, prodotto che nel nostro immaginario è da sempre legato a quel paese, potrebbe sembrare qualcosa di cui doversi privare, e invece in realtà tra i principali paesi produttori al mondo figura proprio il nostro paese.
Il caviale, come probabilmente molti sanno, è semplicemente un ammasso di uova di storione, un pesce che una volta era diffuso in tutte le acque dei fiumi europei fino al canale di Sicilia, ma nell’ultimo secolo ha avuto una regressione praticamente totale ed oggi a livello selvatico è introvabile un po’ in tutta Europa, forse perché gradisce acque fresche e pulite (merce sempre più rara), e forse anche perché, negli ultimi anni, ha subito la concorrenza delle infinite specie di pesci non autoctoni che si sono diffusi in tutte le nostre acque.
Per cercare di evitare l’estinzione, lo storione è stato dichiarato protetto nel 1988 dalla Convenzione di Washington sulle specie a rischio di estinzione. Si tratta di un pesce di origine antichissima (forme simili c’erano 200 milioni di anni fa, è una specie di fossile vivente) che può vivere fino a 100 anni.
La produzione di caviale è dunque esclusivamente legata agli allevamenti: l’Italia si attesta a 60 tonnellate di produzione annua (per l’85% destinate all’esportazione); negli ultimi decenni però la Cina ha fiutato il business ed è diventata velocemente il primo produttore di Caviale al mondo producendone il 50% in più del nostro paese. Inutile dire che la produzione italiana rispetto a quella cinese garantisce tracciabilità e sostenibilità della filiera di tutt’altro livello.
Una curiosità è che i grandi allevamenti del nord Italia e in particolare quello di Brescia, che produce il 50% della produzione italiana, nacquero negli anni settanta dall’idea di un imprenditore che creò l’allevamento sfruttando il calore residuo di un’acciaieria per avere acque sempre a temperatura ottimale per l’allevamento.
