HomeBirraGiro del mondo in birra: Colombia e la lager Aguila

Giro del mondo in birra: Colombia e la lager Aguila

Dopo la visita alla Cina il tour torna in Sud America per fare tappa in Colombia.

Questa Nazione presenta diverse referenze artigianali e un marchio diffuso a livello nazionale, leader indiscusso del mercato interno.

La Colombia che, senza scomodare paragoni con secolari tradizioni brassicole come quella tedesca o quella belga, presenta numeri molto diversi rispetto al confinante Brasile: mentre il paese carioca, con 144 milioni di ettolitri annui, è il terzo produttore mondiale, dai birrifici colombiani ne escono ‘solo’ 22 milioni.

Un dato che però, secondo gli analisti dei mercati sudamericani, potrebbe essere destinato, almeno in parte, a crescere dato che attualmente sul territorio nazionale sono attivi 151 piccoli birrifici (con una produzione media di 87mila ettolitri all’anno) e che per consumi annuali pro capite, la Colombia occupa il terzo posto della classifica dei Paesi dell’America Latina con 51,4 litri dietro a Messico (68,8) e Brasile (58,1) (n.d.r.: fonte ‘Euromonitor’).

Da segnalare il fatto che in Colombia, per diverse ragioni fra cui quelle di natura economica, in modo particolare negli ultimi 30 anni risulta assai difficoltosa la coltivazione delle materie prime: basti pensare che in tutto il Paese la superficie messa a coltura cerealicola è scesa da 50mila ettari a 5 mila mentre le importazioni di malto e luppolo superano le 127mila tonnellate annue.

Questo non fa che aumentare i costi di produzione e tale è il motivo per cui i produttori artigianali colombiani, oltre alle materie prime importate da Paesi come Belgio e Stati Uniti, per la realizzazione delle loro birre stanno sperimentando altre piante erbacee tipiche del sud America, come la quinoa, che potrebbero portare, data la reperibilità in loco, ad un abbassamento dei prezzi e ad una crescita della produttività.

Tali difficoltà comportano anche che, come visto in precedenza, vi sia un leader del mercato interno il quale, grazie al fatto di far parte del gruppo canadese Molson Coors, attualmente terzo maggior produttore di birra al mondo, monopolizza la scena brassicola colombiana: stiamo parlando del birrificio Bavaria fondato da un immigrato tedesco di nome Leo Kopp nel 1889 e con sede nella capitale Bogotà.

Il marchio più rinomato, prodotto nei sei stabilimenti di proprietà dell’azienda sparsi su tutto il territorio, è la lager Aguila che, fra le altre cose, sponsorizza la nazionale di calcio della Colombia. Con una gradazione alcolica molto leggera (4%), tratto distintivo della maggior parte delle birre dell’America Latina, si presenta di un giallo dorato pallido e con un’abbondante schiuma: con un retrogusto amaro, mette in risalto le note del malto e del mais.

Aguila, birra Colombia

Dando invece uno sguardo alle numerose referenze artigianali, troviamo ad esempio il birrificio Nevada che prende il nome dal massiccio montuoso della Sierra Nevada de Santa Marta (Colombia settentrionale) nei pressi della quale è ubicato: proprio dalle limpide e pure sorgenti che sgorgano da queste vette, viene prelevata l’acqua utilizzata per produrre la pils in stile ceco ‘Happy Jaguar’ (giaguaro felice) e la irish red ale ‘Happy tucan’ (tucano felice).

Happy Tucan

Scorrendo le recensioni di esperti e semplici amanti delle birre colombiane, emerge come il prodotto artigianale di maggior qualità sia, con ogni probabilità, la Manigua Mohan Strong Ale realizzata da un’azienda situata in una regione amazzonica del Paese: con una gradazione alcolica dell’8%, si presenta di un intenso rosso scuro e offre al palato un aroma ricco di malti e frutti rossi.

Questa birra prende il nome da un racconto popolare che vuole che vi sia una strana figura che vive nelle caverne della giungla: motivo per cui sulle etichette è raffigurato quello che potrebbe essere un mago.

birra Manigua Mohan Strong Ale

Riassumendo, abbiamo visto come in Colombia il settore della birra, nonostante i prezzi delle materie prime e il fatto che il mercato interno sia praticamente monopolizzato da un unico birrificio e dai suoi marchi, cerchi di svilupparsi intraprendendo strade alternative all’utilizzo dei tradizionali malti e luppoli ricorrendo alla quinoa e proponendo un’ampia varietà di tipologie di birre realizzate nel solco delle secolari tradizioni europee.

Nicola Prati
Classe 1981. Subito dopo la maturità classica, inizia a collaborare con la ‘Gazzetta di Parma’ (2000): una collaborazione giornalistica che durerà otto anni. Contemporaneamente, dal 2005 al 2008, fa parte dell’ufficio stampa del Gran Rugby Parma. Successivamente, fra le altre esperienze lavorative, quella nell’ufficio comunicazione interna di Cariparma Credit Agricole e nella direzione relazioni esterne del gruppo Barilla. Le sue due più grandi passioni sono tutti gli sport e la musica. A queste, si aggiungono la lettura, i viaggi e la cucina. Collabora con ApeTime da gennaio 2021.

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