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Farulla (Dirty): “A Milano mancava un locale dove bere e mangiare fino alle 5”

Essenziale nell’immagine, scanzonato e… sempre pieno. A pochi giorni dall’inaugurazione, Dirty è già un punto di riferimento nel variegato universo dei locali notturni di Milano.

Dopo l’esordio col botto (tanto che il giorno dopo l’inaugurazione il cocktail bar è rimasto chiuso per esaurimento scorte), nelle due settimane successive la musica non è cambiata (nemmeno quella all’interno del locale, per fortuna…), con una frequentazione sostenuta fino a orari più unici che rari in città.

Del resto, dietro al Dirty ci sono persone che conoscono bene il mestiere. In prima linea al bancone Carola Abrate, barlady piemontese con alle spalle una decennale esperienza nei locali di Torino e Milano (l’ultima, prima del Dirty, al BV Club di Bruno Vanzan, cocktail bar del presigioso ristorante Cera), Gianluca Tuzzi, fra i fondatori del noto Baccano di Roma e dello stesso Cera a Milano, nonché Mario Farulla.

Un bartender che nel settore non avrebbe bisogno di presentazioni. Dopo esperienze in mezzo mondo, ha legato il suo nome in particolare proprio al Baccano e al Cera-BV Club, di cui è stato bar manager (traghettandoli entrambi nei World’s 100 Best Bars). Con loro, in società (nel Dirty ma anche in The Cringe Company, che produce distillati confezionati in taniche da 450 cl), c’è Paolo Coppola, imprenditore del settore dell’ospitalità.

mario farulla
Carola Abrate, Mario Farulla e Gianluca Tuzzi

“Ma chiariamolo”, si schernisce Mario Farulla. “Al Dirty la gente viene non perché ci sono io o perché proponiamo cocktail super, ma perché la facciamo stare bene. Con musica, drink e cibo fino alle 4 o alle 5 del mattino”.

In effetti il Dirty è fra i pochi locali che a Milano rimangono aperti almeno fino alle 4. Perché?
La gente ha voglia di bere fino a tardi, anche fino alle 5… E noi dobbiamo dissetarla. La nostra filosofia è semplicemente quella di fare stare bene le persone. Punto.

Avete appena aperto, eppure il locale è frequentatissimo sin dal primo giorno: come avete fatto a conquistare subito la clientela?
Il Dirty è un bar “territoriale”. Le persone escono dai ristoranti e dagli altri locali della zona (che sono tanti, in Porta Venezia, ndr) e vengono da noi.

Ma qual è, secondo te, il principale punto di forza del Dirty?
Il fatto di essere un locale concreto, senza troppe menate… Di essere un riferimento per tutti i “viandanti” della notte. Siamo un locale “high volume”, lavoriamo su volumi elevati. Le persone non vengono qui per me o perché proponiamo chissà quali drink, ma perché diamo sempre loro da mangiare e da bere, fin quasi all’alba. Abbiamo coperto un “buco di servizio” che in una città come Milano si faceva sentire.

E infatti, fra i vostri clienti, ho notato anche diversi professionisti della ristorazione o di altri locali che vengono qui dopo avere terminato il lavoro. Ma perché nessun altro ha pensato a una proposta simile fino a oggi?
Chi lo sa… forse nessuno ne aveva voglia. Sicuramente c’è spazio per creare cose nuove, anche a Milano. Poi va da sè che ognuno sceglie il proprio settore di riferimento.

Dicevi che il Dirty è un locale “high volume”: quanto sono importanti i pre-batch (ovvero le preparazioni predisposte prima dell’apertura) per un’impostazione di questo genere?
Per noi sono tutto: senza pre-batch saremmo molto più lenti nella preparazione dei cocktail e serviremmo metà della nostra clientela. Se poi qualcuno ci chiede un Daiquiri con il lime spremuto fresco glielo facciamo, ci mancherebbe. Però vi assicuro che, anche con il nostro citric blend, viene benissimo uguale…

Nella drink list, classici e qualche signature. Con quale cadenza la rinnoverete?
Non ci siamo dati una stagionalità. Quando ci stancheremo di quella attuale, la cambieremo.

 

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Nicole Cavazzuti
Nicole Cavazzuti
Mixology Expert è giornalista freelance, docente e consulente per aziende e locali. Ha iniziato la sua carriera con il mensile Bargiornale e, seppur con qualche variazione sul tema, si è sempre occupata di bar, spirits e cocktail. Oggi scrive di mixology e affini su VanityFair.it e Il Messaggero.it. Chiamata spesso come giudice di concorsi di bartending, ha ideato e condotto il primo master di Spirits and Drinks Communication. Da novembre 2019 è la responsabile della sezione bere miscelato del nostro ApeTime Magazine. Per 15 anni è stata la prima firma in ambito mixology del mensile Mixer, organo di stampa della FIPE, per il quale ha ideato diverse rubriche, tra cui il tg dell'ospitalità (Weekly Tv) e History Cocktail, ancora attive e oggi in mano agli ex colleghi di redazione.

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